Novelle (Sercambi)/Novella XIII

Da Wikisource.
Novella XIII

../Novella XII ../Novella XIIII IncludiIntestazione 1 aprile 2023 75% Da definire

Novella XII Novella XIIII
[p. 72 modifica]

XIII


Udito il preposto la dilettevole novella de’ cattivi preti e tutta la brigata vedendo ridente, disse a l’autore, poi che la novella ha sì confortata la brigata, che li piaccia per lo dì seguente ordinare con bella novella di conducere la brigata a Cortona. Al quale l’aultore disse che volentieri ubidirà il suo comandamento; e venuto il giorno, rivolsesi alla brigata, parlando disse:


DE MULIERE VOLUBILI

Di monna Leggiera.


Innel contado di Perugia, apresso alla terra, era una donna nomata mona Legiera. Avendo il giorno di uno sabbato soppellito il marito, non finendo di piangere in casa tutta sgrafiandosi del perduto tanto caro marito, intanto che mangiare né bere vuole, ma con sospiri e lagrime tutto il giorno passò né mai persona consolare la potéo. E partito le persone e donne della casa, con uno lume come fu notte andò sopra il monimento a piangere il suo marito.

Ora avenne che il giorno era stato uno gentilotto ladro di Perugia apiccato per la gola, di che il podestà avea comandato a uno suo cavalieri di Spoleti nomato ser Cola che sotto pena della testa la notte dovesse guardare quello impiccato, acciò che i parenti non lo sponessero. Di che essendo il ditto ser Cola stato fine a notte a guardare, avendo gran sete e non sapendo ’ve andare, vedendo i’ lume che al monimento era circa a uno miglio di lungi, pensò quine dovesse esser qualche persona a cui elli potrà domandare [p. 73 modifica]da bere. E andato verso i’ lume et apressandosi, la donna che avea pianto gran pezza lo marito al monimento, co’ lume si tornò in casa e da capo il pianto rinuova.

Ser Cola, vedendo la casa et acostandosi, incominciò a pregare la donna per l’amor di Dio che a lui desse o acqua o vino da bere. Monna Legiera non atendendo alle parole di ser Cola, dicendo: «O marito mio dolce, o cuor del corpo mio, o anima mia, o speranza mia, ove t’ho io lassato?», e tal duolo menava che di vero ser Cola pensò si dovesse morire. Avendo ser Cola la sete ismisurata, pensò pregare la donna per amor del suo marito, poi che per Dio non li valea. E cominciò a dire: «O donna tribulata, io ti prego che per amor del tuo marito che mi di’ da bere». La donna, odendo nomare lo marito, aperse l’uscio e disse: «Poi che m’hai domandato da bere per amor del mio marito, non che bere ma mangiare ti darò». E subito atinto del vino, apparecchiatoli del pane e dell’altre cose le proferse a ser Cola. Ser Cola che n’avea bisogno, mangiò e bevé a suo destro.

E mentre che ser Cola mangiava disse alla donna alcuna paroluzza. La donna, lassato il mangiare, <cominciò> a soridere, dicendo: «Che ti dice il cuor di fare?» Ser Cola vedendola giovana e bella disse: «Per tre tratti non vi verrò’ meno». La donna asentìo, ser Cola ferma la ’mpromessa. La donna volea restasse, <ser Cola disse>: «Io voglio andare a guardare se l’uomo apiccato è in sulle forchi, e se lui vi serà io tornerò a voi». La donna lo lassò andare. E come fu partito, subito la donna cominciò a piangere di nuovo. Ser Cola, tornato alle forchi, vidde lo ’mpiccato esser stato tolto e portato via. Ser Cola tenendosi a mal partito, dubitando di morire, ritornò alla donna volendo da lei prendere cumiato per andarsene via.

E giunto alla casa e trovato la donna piangere, picchiò dicendo: «Donna, apremi». La donna, che lo cognobe, aperse l’uscio e domandolo se elli era tornato a dormire con lei. Ser Cola disse: «La cosa sta male e vo’ini partire però che lo ’mpiccato m’è stato levato; ché se io restassi sarei apiccato». Monna Legiera disse: «Di ch’era vestito quello apiccato?» Ser Cola disse: «Di nero». La donna disse: «Noi possiamo fare un bene. Lo mio marito è [p. 74 modifica]vestito di nero: caviamlo del monimento e possiallo apiccare; e per questo modo tu scamperai». Ser Cola udendo la sua salute: «U’ è? Ci spacciamo!» E basciatola, e la donna disse: «Facciamo tosto e poi ci potremo inne’ letto abracciare». Ser Cola disse: «U’ aremo uno cavestro?» La donna subito ne prese uno, e mossesi co’ lume et andorono al monimento.

Et apertolo, la donna entrò dentro e ’l cavestro li misse alla gola e poi con quello lei e ser Cola lo tironno fuori del monimento. E ricoperto lo monimento, lo portarono alle forchi; e su per la scala la donna montò e, legato lo cavestro alle forchi, lo marito apiccò; e disse: «Omai se’ libero del pericolo <in> che eri». Ser Cola ricordandosi che quello ch’era stato apiccato avea meno du’ denti dinanti, la donna disse: «Lassa fare a me». E prese una pietra e montò su per la scala; e quando fu alto, colla pietra percuote alla bocca del marito e rompeli du’ denti dinanti. E scesa, disse: «Ser Cola, andianci a riposare, che questa notte non si perda». Ser Cola contento colla donna n’andò e tutta notte si denno piacere.

La mattina ser Cola torna a Perugia: lo podestà trovò un altro suo notaio che l’apiccato guardasse. E per questo modo lo marito di monna Legiera rimase fracido in sulle forchi. Ser Cola avendo una donna in Spoleti che molto l’amava, pensando di quello che gli era incontrato di monna Legiera, parendo largo quel tempo che stare dovea in officio, desiderando di tornare per fare esperienzia della sua dimora fine alla fine del suo officio.

Ex.º xiii.