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Novellino/LXXV

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Qui conta come Domenedio s’acompagnò con uno giullare

Domenedio s’acompagnò una volta con un giullare. Or venne un die che’ si bandìe una corte di nozze, e’ bandìsi uno ricco uomo ch’era morto. Disse il giullare:

«Io andrò alle nozze, e tu al morto».

Domenedio andò al morto e suscitollo, e guadagnò cento bisanti; il giullare andò alle nozze e satollossi. Redìo a casa, e trovò il compagno suo c’avea guadagnato. Feceli onore.

Quelli era digiuno; il giullare si fe’ dare danari e comperò un grasso cavretto et arostillo, et arostendolo sì ne trasse li ernioni e mangiolli.

Quando il compagno l’ebbe innanzi, domandoe delli ernioni. Il giullare rispuose:

«E’ non hanno ernioni, quelli di questo paese».

Or venne un’altra volta che anche si bandìo uno paio di nozze e un altro ricco uomo ch’era morto. E Iddio disse:

«Io voglio ora andare alle nozze, e tu vae al morto, et io t’insegnarò come tu il risusciterai: segnera’lo e comandera’li che si levi, ed elli si leverà; ma fatti fare l’impromessione dinanzi».

Disse il giullare:

«Be·llo farò».

Andò, e promise di suscitarlo. E’ non si levò per suo segnare.

Il morto era figliuolo di gran signore; il padre s’adiroe veggendo che questi facea beffe; mandollo ad impendere per la gola.

Domenedio li si parò dinanzi e disse:

«Non temere, ch’io lo risusciterò. Ma dimmi in tua fe’: chi mangiò li ernioni del cavretto?».

Il giullare rispuose:

«Per quel santo secolo dov’io debbo andare, compagno mio, ch’io non li mangiai!».

Domenedio, veggendo che non lile potea fare dire, increbbeli di lui. Andò e suscitò il morto; e questi fu delibero, ed ebbe la promessione che·lli era fatta. Tornaro a casa. Disse Domenedio:

«Compagno mio, io mi voglio partire da te, perché io non t’ho trovato leale com’io credeva».

Quelli, vedendo ch’altro non poteva essere, disse:

«Piacemi. Dividete, et io piglierò».

Domenedio fece tre parti d’i danari. Il giullare disse:

«Che fai? Noi non semo se non due».

Disse Domenedio:

«Ben è vero; ma quest’una parte sia di colui che mangiò li ernioni e, l’altre due, sia l’una tua e l’altra mia».

Allora disse il giullare:

«Per mia fede, da che tu di’ così, ben ti dico che io li mangiai io: ché io sono di tanto tempo, ch’io non debbo ormai dir bugia».

E così si pruovano tali cose per danari, le quali dice l’uomo che non le direbbe per iscampare da morte a vita.