Nuova Cronica/Libro sesto

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Libro sesto

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Libro quinto Libro settimo

I

Qui comincia il VI libro: come il primo Federigo detto di Stuffo di Soave fu imperadore di Roma, e de’ suoi discendenti; conseguendo i fatti di Firenze che furono a loro tempi e di tutta Italia.

Dopo la morte di Currado di Sassogna re de’ Romani fue eletto imperadore Federigo Barbarossa detto Federigo Grande, overo primo, della casa di Soave, e chi il sopranomò di Stuffo. Questi, rimesse le boci degli elettori in lui, si chiamò sé medesimo, e poi passò in Italia, e fu coronato a Roma per papa Adriano quarto gli anni di Cristo MCLIIII, e regnò anni XXXVII che re de’ Romani e che imperadore. Questo Federigo fu largo e bontadoso, facondioso e gentile, e in tutti suoi fatti glorioso. A la prima fue amico di santa Chiesa al tempo del detto papa Adriano, e fece rifare Tiboli che era disfatto, ma il dì medesimo che fu coronato da’ Romani a la sua gente ebbe grande zuffa e battaglia nel prato di Nerone, ove il detto imperadore era attendato, a grande danno de’ Romani, e dentro nel Portico di San Piero; e quello tutto arse e disfece, cioè la parte di Roma ch’è intorno a San Piero. Questi poi tornando in Lombardia il primo anno del suo imperiato, perché la città di Spuleto no·ll’ubbidìo, imperciò ch’era della Chiesa, vi si puose ad oste, e vinsela, e tutta la fece disfare; e per volere occupare le ragioni della Chiesa, tosto si fece nimico; ché dopo la morte d’Adriano papa gli anni di Cristo MCLVIIII fu fatto papa Allessandro terzo di Siena, che regnò XXII anni: questi, per mantenere la giuridizione di santa Chiesa, ebbe grande guerra col detto Federigo imperadore, e per più tempo; il quale imperadore gli fece fare incontro IIII antipapi scismatici in diversi tempi, l’uno appresso l’altro, che i tre furono cardinali. Il primo fu Attaviano che·ssi fece chiamare Vittorio; il secondo Guido di Chermona che si fece chiamare Pasquale; il terzo fu Giovanni Strumense che si fece chiamare Calisto; il quarto ebbe nome Landone il quale si fece chiamare Innocenzo; onde nella Chiesa di Dio ebbe grande scisma e afflizzione, imperciò che questi papi colla forza di Federigo imperadore teneano tutto il Patrimonio San Piero e ’l ducato, che ’l detto papa Allessandro non avea nulla signoria. Ma il detto papa Allessandro contro a tutti valentemente pugnò, e gli scomunicò: i quali tutti l’uno appresso l’altro, lui regnando, moriro di mala morte. Ma regnando eglino colla forza di Federigo, il detto diritto papa Allessandro, non potendo stare in Roma, se n’andò colla corte in Francia al re Luis il Pietoso, il quale il ricevette graziosamente. E dicesi in Francia che vegnendo il detto papa Allessandro a Parigi celatamente con poca compagnia a guisa d’uno picciolo prelato, incontanente che fu a San Moro presso di Parigi, non avendo del papa novella niuna, per divino miracolo si levò una boce: "Ecco il papa, ecco il papa!"; e cominciaro a sonare le campane, e lo re col chericato e popolo di Parigi gli si fece incontro, onde il papa si maravigliò forte, però che nullo sapea di sua venuta; e ringraziò Idio, e palesossi al re e al popolo, e cominciò a segnare. E poi in Francia fece il detto papa concilio generale a la città del Torso in Torena, nel quale scomunicò il detto Federigo e dispuose dello ’mperio, e assolvette tutti i suoi baroni di suo saramento, e dispuose quegli della casa della Colonna di Roma, che mai né eglino né loro successori potessono avere dignità in santa Chiesa, però ch’al tutto si tennero all’aiuto e favore del detto Federigo contra la Chiesa. E in quello concilio tutti gli re e signori di ponente si promisero e allegarono con Luis re di Francia a l’aiuto del detto papa Allessandro e di Santa Chiesa contro a Federigo detto, e simile molte città di Lombardia si rubellaro al detto Federigo: ciò fu Milano, e Chermona, e Piagenza, e tennero col papa e colla Chiesa. Per la qual cosa il detto Federigo passando per la Lombardia per andare in Francia contra Luis re che riteneva papa Allessandro, trovando la città di Melano che gli s’era ribellata, sì·ll’asediò e per lungo assedio l’ebbe l’anno di Cristo MCLXII del mese di marzo, e fecele disfare le mura, e ardere tutta la città, e arare e seminare di sale; e’ corpi di tre re, overo magi, che vennoro ad adorare Cristo per lo segno della stella, i quali erano nella città di Milano in tre tombe cavate di profferito, gli fece trarre di Milano e mandargline a Cologna, onde tutti i Lombardi furono molto crucciosi. E poi passando i monti per distruggere il reame di Francia collo aiuto del re di Buem e con quello di Dazia, cioè Dannesmarce, entrò in Borgogna; ma lo re Luis di Francia coll’aiuto d’Arrigo re d’Inghilterra suo genero, e con più signori e baroni furono a contradiallo, sicché per la grazia d’Iddio non ebbe nullo podere, né v’aquistò terra, ma per difetto di vittuaglia si tornaro adietro quegli re in loro paesi, e Federigo in Italia. E faccendo guerreggiare i Romani perché s’erano tornati dalla parte della Chiesa e di papa Allessandro, essendo i detti Romani a oste a Toscolano, per lo cancelliere del detto Federigo colle sue masnade de’ Tedeschi furono sconfitti ne·luogo detto Monte del Porco, e molti Romani presi, e morti sì grande quantità che nelle carra tornarono morti a Roma per soppellirli; e questa sconfitta si dice che fue per tradimento de’ Colonnesi, i quali furono sempre collo imperadore e contro alla Chiesa, onde furono per lo papa privati d’ogni benificio temporale e spirituale; e per la detta sconfitta i Romani cacciarono di Roma i Colonnesi, e disfeciono loro una antica e bellissima fortezza che si chiamava l’Agosta, la quale si dice che fece fare Cesare Agusto; e ciò fu gli anni di Cristo MCLXVII. E ciò fatto, lo ’mperadore venne all’assedio di Roma per distruggerla, e aveala molto stretta. I Romani feciono al chericato di Roma prendere la testa di santo Piero e quella di santo Paolo, e portarle a processione per tutta Roma; per la qual cosa i Romani si crocciaro tutti contra lo ’mperadore, e ’l primo che·lla prese fue messere Matteo Rosso il vecchio degli Orsini, avolo che fu di papa Niccola terzo, e per vecchiezza avea lasciate l’armi e preso abito di penitenzia; e per questa cagione lasciò l’abito e riprese l’armi, onde molto fue commendato; e per questa cagione egli e’ suoi vennero in grazia della Chiesa, e agrandiro molto. Apresso il detto messere Matteo prese la croce Gianni Buovo, grande cittadino di Roma, e poi tutti gli altri con grande animo e volontà; per la qual cosa, sentendolo lo ’mperadore, o per paura, ma più per miracolo de’ beati appostoli, subito si partì dall’assedio di Roma con sua gente, e tornossi a Viterbo, e la città di Roma fu liberata.

II


Come papa Allessandro tornò di Francia a Vinegia, e lo ’mperadore venne a le sue comandamenta.

Poi appresso stato il detto papa Allessandro lungamente in Francia, colla forza del re di Francia e di quello d’Inghilterra tornò colla corte sua in Italia per mare, e capitando in Cicilla, dal re Guiglielmo che allora n’era re, divotamente fu ricevuto e favorato, riconoscendosi fedele di santa Chiesa, e che·ll’isola tenea da·llui; per la qual cosa il detto papa il ne confermò re di Cicilia, e rendégli Puglia, onde il detto re Guiglielmo col suo navilio per mare l’acompagnò infino a la città di Vinegia, nella quale volle andare il detto papa per più sicurtà di lui, acciò che Federigo imperadore nol potesse offendere; e per favorare i fedeli di santa Chiesa di Lombardia fece sua stanza nella detta città di Vinegia, e da’ Viniziani reverentemente fu ricevuto e onorato; per lo cui favore i Milanesi rifeciono la città di Milano gli anni di Cristo MCLXVIII. Poi poco tempo apresso i Milanesi coll’aiuto de’ Piagentini e di Chermonesi e d’altre città di Lombardia che obbedieno santa Chiesa feciono una terra in Lombardia, quasi per una bastita e battifolle, incontro alla città di Pavia, che sempre fu contra Milano, e si tenea collo imperio; e quella città fatta, per onore del detto papa Allessandro, e perché fosse più famosa, la chiamarono Allessandra; e poi fu sopranomata de la Paglia, a dispregio, per quegli di Pavia; e a priego de’ Lombardi le diede il papa vescovo, e dispuose quello di Pavia e tolsegli la dignità del palio e della croce, imperciò che sempre avea tenuto con Federigo imperadore contro a la Chiesa.

III


Come lo ’mperadore Federigo Barbarossa si riconciliò co la Chiesa, e passò oltremare, e là morìo.

Veggendosi lo ’mperadore Federigo molto abbassato di suo stato e signoria, e molte città di Lombardia e di Toscana ribellarsi da·llui, e teneansi colla Chiesa e col papa Allessandro, il quale era molto montato in istato col favore del re di Francia e di quello d’Inghilterra e di Guiglielmo re di Cicilia, si procacciò di riconciliarsi colla Chiesa e col papa, acciò che al tutto non perdesse l’onore dello ’mperio, e con solenni ambasciadori mandò a Vinegia a papa Allessandro a dimandare pace, promettendo di fare ogni amenda a santa Chiesa; il quale dal detto papa fue esaudito benignamente. Per la qual cosa il detto Federigo andòe a Vinegia, e gittossi a’ piè del detto papa a misericordia. Allora il detto papa gli puose il piede ritto in sul collo, e disse il verso del Saltero che dice: "Super aspidem et basaliscum ambulabis, et conculcabis leonem et draconem", e lo ’mperadore rispuose: "Non tibi set Petro", e ’l papa rispuose: "Ego sum vicarius Petri"; e poi gli perdonò ogni offesa ch’avesse fatta a santa Chiesa, faccendo ristituire ciò che tenesse di santa Chiesa; e così promise e fece con patti, che ciò che·ssi trovasse che·lla Chiesa in quello dì tenesse nel Regno a perpetuo fosse di santa Chiesa; e trovossi che Benivento; e questo fu l’origine perché la Chiesa tiene per sua la città di Benivento. E ciò fatto, il pacificò co’ Romani e con Manuello imperadore di Gostantinopoli, e con Guiglielmo re di Cicilia, e co’ Lombardi, e per amenda e penitenzia gl’impuose, ed elli promise, d’andare oltremare al soccorso della Terrasanta, imperciò che ’l Saladino soldano di Babillonia avea ripresa Ierusalem, e più altre terre che teneano i Cristiani; e così fece. Poi il detto Federigo, lui crocciato, gli anni di Cristo MCLXXXVIII con grandissima oste d’Alamagna si partìo, e andò per terra per Ungaria e Gostantinopoli infino in Erminia; ma giunto il detto Federigo in Erminia, essendo di state e grande caldo, bagnandosi a diletto in uno piccolo fiume chiamato il fiume del Ferro, disaventuratamente affogò; e ciò si crede che fosse per giudicio di Dio per le molte persecuzioni che fece a santa Chiesa: e di lui rimase uno figliuolo il quale ebbe nome Arrigo che ’l fece eleggere re de’ Romani innanzi che passasse oltremare negli anni di Cristo MCLXXXVI; e morto il detto Federigo, la moglie col figliuolo e colla loro gente, tutto che molta ne morisse in quello viaggio, si tornaro di Soria in ponente sanza niuno acquisto fatto. Torneremo omai alla nostra matera de’ fatti di Firenze e d’altre cose che furono al tempo che regnò il detto Federigo; ma prima diremo del re Filippo di Francia e del re Ricciardo d’Inghilterra ch’andarono oltremare al soccorso della Terrasanta in questo medesimo tempo.

IV


Come il re di Francia e quello d’Inghilterra andarono oltremare al passaggio.

E nel detto passaggio lo re Filippo il Bornio di Francia e lo re Ricciardo d’Inghilterra con molti conti e baroni di Francia, e d’Inghilterra, e di Proenza, e d’Italia, crociati, passaro per mare in Soria, e assediaro e presero la città di Tolomaida, detta Acri, che la teneano i Saracini, e quella ebbono per assedio; ma molta di loro buona gente vi moriro di pestilenzia d’infermitade; e in questo viaggio s’incominciò grande discordia tra ’l detto re Filippo il Bornio e ’l re Ricciardo d’Inghilterra. L’una cagione fu perché il re Ricciardo volea la signoria d’Acri, siccome il re Filippo, e assai avea operato al conquisto; appresso, perché il re Filippo gli tolse, tornato lui in Francia, la ducea di Normandia per forza per CCm di livre di parigini che gli avea prestati quando andò oltremare sopra la detta Normandia, e no·lla lasciò ricogliere, come toccammo adietro nel capitolo ove raccontammo il lignaggio e’ discendenti de’ presenti re di Francia. Ma imperciò che gli antichi del re Ricciardo d’Inghilterra e poi gli suoi successori feciono di grandi cose le quali si mischiano molto a la nostra matera, e ancora perché sono stati possenti re tra’ Cristiani, si è convenevole che in questo si racconti di loro progenia, e come furono distratti de·lignaggio de’ Normandi, siccome fue il buono Ruberto Guiscardo, come di lui avemo adietro fatta menzione, in questo modo: che il primo duca di Normandi che fu Cristiano, fatto per lo ’mperadore Carlo il Grosso e re di Francia, come adietro è fatta menzione; del detto Ruberto nacque Guiglielmo detto Spadalunga; di Guiglielmo nacque Ruberto e Ricciardo; di Ricciardo nacque Ricciardo che fu padre di Ruberto Guiscardo re di Puglia; e di Ruberto che rimase duca di Normandia nacque Ruberto il Bastardo che l’acquistò in questo modo: credendosi giacere con una figliuola d’uno suo ricco borgese la quale molto gli piacea, la madre per iscampare la vergogna de la figliuola trovòe una molto bella damigella povera che molto si somigliava colla figlia, e quella inniscambio di lei mise in camera col detto duca Ruberto, onde nacque il detto Guiglielmo il Bastardo; e la notte che la madre il generò le venne in visione che di corpo l’usciva una quercia e crescea tanto che i suoi rami si stendeano insino inn-Inghilterra; e veramente fu avisione di vera profezia, come diremo appresso. E perché bastardo fosse, nonn-è da tacere di lui, che come fue in etade, e seppe di sua nazione, incontanente si mise in fatti d’arme, e fu maraviglioso in prodezza e senno e in cortesia, e per sua valentia passò in Inghilterra, e combatté con Raul che allora n’era re istratto di Spagna, e lui vinse e uccise in battaglia, e fecesi re d’Inghilterra gli anni di Cristo MLXVI, e regnòe XXVI anni. E dopo lui regnòe Guiglielmo suo figliuolo, e dopo Guiglielmo regnòe Arrigo suo figliuolo, il quale ebbe per moglie la figliuola del re Luis il Pietoso re di Francia; e questo Arrigo fue col detto re Luis e con papa Allessandro incontro a Federigo primo imperadore quando venne in Borgogna, come è fatta menzione. Questo Arrigo fue quegli che fece uccidere il beato Tommaso arcivescovo di Conturbiera, perch’egli il riprendea de’ suoi vizii, e togliea le decime della santa Chiesa; onde Idio fece grande giudicio, che poco appresso cavalcando per Parigi col re Luis, gli si traversò uno porco tra’ piè del cavallo e fecelo cadere, e subitamente della caduta morìo. Di lui rimase uno figliuolo ch’ebbe nome Stefano; dopo Stefano regnòe un altro Arrigo, il quale ebbe due figliuoli, il re Giovane e lo re Ricciardo. Questo re Giovane fue il più cortese signore del mondo, e ebbe guerra col padre per indotta d’alcuno suo barone, ma poco vivette, e di lui non rimase reda. Dopo il re Giovane regnò il re Ricciardo, quegli onde al cominciamento facemmo menzione che andò oltremare al passaggio col re Filippo di Francia e fu pro’ d’arme e valoroso, e egli assieme con XII altri baroni di Francia e d’Inghilterra tenne il passo al Saladino soldano di Babilonia con tutto suo esercito. Di Ricciardo nacque Arrigo suo figliuolo che regnò appresso lui, ma fue sempice uomo e di buona fe’ e di poco valore. Del detto Arrigo nacque il buono re Adoardo che a’ nostri presenti tempi regna, il quale fece di gran cose, come innanzi per gli tempi faremo menzione. Lasceremo le storie de’ detti signori, e torneremo a’ nostri fatti di Firenze.

V


Come i Fiorentini sconfissono gli Aretini.

Negli anni di Cristo MCLXX i Fiorentini fecero oste sopra gli Aretini perch’erano stati co’ conti Guidi contro al Comune di Firenze; e uscendo gli Aretini loro incontro, da’ Fiorentini furono sconfitti del mese di novembre, e poi feciono accordo co’ Fiorentini con onorevoli patti per lo Comune di Firenze, e promisero di non essere loro incontro per neuna cagione, e riebbono i loro pregioni.

VI


Come si cominciò la prima guerra da’ Fiorentini a’ Sanesi.

Nel detto tempo si cominciò guerra tra’ Fiorentini e’ Sanesi per cagione delle castella che confinano co·lloro in Chianti, che ciascuno Comune si volea dilatare, e crescere il suo contado, e del castello di Staggia; e per questa cagione i Fiorentini presono ad aiutare quegli di Montepulciano da’ Sanesi che gli guerreggiavano; e andarono i Fiorentini infino là per fornirlo; e tornando da fornirlo, i Sanesi si fecero loro incontro al castello d’Asciano, e qui si combatterono, e furono sconfitti da’ Fiorentini, e molti de’ Sanesi presi e morti vi furono; e ciò fu del mese di giugno gli anni di Cristo MCLXXIIII.

VII


Come di prima fu edificato il nobile e forte castello di Poggibonizzi e quello di Colle di Valdelsa.

Nel detto tempo essendo colà ov’è oggi la terra di Poggibonizzi al piano uno ricco borgo che si chiamava il borgo di Marti, per cagione che diceano ch’erano stati stratti di parte de’ martirizzati di Catellina ribelli del popolo di Roma, che in quello luogo s’erano rimasi, scampati de la battaglia di Piceno, overo di Piteccio, e tornando l’oste di su detta de’ Fiorentini da la vittoria d’Asciano, alcuno giovane fiorentino isforzò nel detto borgo una pulcella; onde tutta la terra si commosse a zuffa contra i Fiorentini, e alquanti ve ne rimasono morti, e assai fediti e vergognati; per la quale offesa quegli del borgo di Marti, impauriti de’ Fiorentini, feciono lega e giura con VIII castella e Comuni vicini, e per essere più sicuri e forti al riparo della potenzia de’ Fiorentini, sì ordinarono di concordia di disfare le loro terre, e di porresi in su il bello poggio ove fu poi il detto castello, in sul quale era una selva d’uno terrazzano ch’avea nome Bonizzo, e dal detto il suo nome fu derivato; e questo in brieve tempo ripuosono e afforzaro, però che il luogo da sua natura è forte e agiato e bello, e partirlo ad abituro in VIIII contrade, come si fece di VIIII terre, e in ciascuna contrada ripuosono la chiesa principale de la loro antica terra onde s’erano levati, e quello di ricche mura e porte e torri di pietre adornarono, e fu sì forte e bello, e fornito di molti e ricchi abitanti, ch’elli curavano poco i Fiorentini o altri loro vicini; e per contradio de’ Fiorentini s’allegarono co Sanesi, e poi diede molta briga a’ suoi vicini e a’ Fiorentini, come innanzi per gli tempi fareno menzione. E nota che ’l detto poggio è de’ meglio assituati che sia in Italia, e appunto il bilico è in mezzo la provincia di Toscana. Afforzato il detto castello, i Fiorentini ne furono molto crucciati, e con due castelletta di Valdelsa loro vicini e contradi de’ Poggibonizzesi s’accostaro, e recarlo a·lloro lega, e colle forze de’ Fiorentini ordinaro e feciono porre il castello di Colle di Valdelsa colà dov’è oggi, per fare battifolle a Poggibonizzi; e di quelle due castelletta e con altre ville d’intorno il popolaro, e la prima pietra che·ssi mise a fondarlo, la calcina fue intrisa del sangue che si segnaro delle braccia i sindachi a·cciò mandati per lo Comune di Firenze, a perpetua memoria e segno d’amicizia e fratellanza di quelli di Colle al Comune di Firenze, e certo per isperienzia poi sempre è istato quello Comune come figliuolo di quello di Firenze.

VIII


De’ grandi fuochi che furono nella città di Firenze.

Negli anni di Cristo MCLXXVII s’apprese il fuoco nella città di Firenze a dì V d’agosto, e arse da piè del ponte Vecchio infino a Mercato Vecchio. E poi nel detto anno medesimo s’apprese il fuoco a Sammartino del Vescovo, e arse infino a Santa Maria Ughi e infino al Duomo di Santo Giovanni con grandissimo danno della città, e non sanza giudizio di Dio, imperciò che’ Fiorentini erano venuti molto superbi per le vittorie avute sopra i loro vicini, e tra loro molto ingrati a·dDio, e con altri disonesti peccati. E in questo anno cadde per soperchia piena del fiume d’Arno il ponte Vecchio, che ancora fu segno di future aversitadi alla nostra città.

IX


Come in Firenze si cominciò battaglia cittadina tra gli Uberti e la signoria de’ consoli.

Imperciò che nel detto medesimo anno si cominciò in Firenze disensione e guerra grande tra’ cittadini, che mai non era più stata in Firenze, e ciò fu per troppa grassezza e riposo mischiato colla superbia ingratitudine, ché quelli della casa degli Uberti ch’erano i più possenti e maggiori cittadini di Firenze co·lloro seguaci nobili e popolari cominciaro guerra co’ consoli ch’erano signori e guidatori del Comune a certo tempo e con certi ordini, per la ’nvidia della signoria che nonn-era a·lloro volere. E fu sì diversa e aspra guerra, che quasi ogni dì, o di due dì l’uno, si combatteano i cittadini insieme in più parti della città da vicinanza a vicinanza, com’erano le parti, e aveano armate le torri, che n’avea nella città in grande numero, alte C e CXX braccia. E in quelli tempi per la detta guerra assai torri di nuovo vi si muraro per le comunitadi delle contrade, de’ danari comuni delle vicinanze, che si chiamavano le torri delle compagnie. E sopra quelle faceano mangani e manganelle per gittare l’uno a l’altro, ed era asserragliata la terra in più parti. E durò questa pestilenzia più di due anni, onde molta gente ne morì, e molto pericolo e danno ne seguì alla città; ma tanto venne poi in uso quello guerreggiare tra’ cittadini, che l’uno dì si combatteano, e l’altro mangiavano e beveano insieme, novellando delle virtudi e prodezze l’uno dell’altro che si faceano a quelle battaglie. E quasi per istraccamento e rincrescimento si rimasono per loro medesimi del combattere, e si pacificarono, e rimasero i consoli in loro signoria; ma a la fine pur criarono, e poi partoriro le maladette parti che furono appresso in Firenze, siccome innanzi per li tempi faremo menzione.

X


Come i Fiorentini presono il castello di Montegrossoli.

Negli anni di Cristo MCLXXXII, rimase le battaglie cittadine in Firenze, i Fiorentini feciono oste al castello di Montegrossoli in Chianti e presollo per forza. E quell’anno valse lo staio del grano fiorini VIII, che fu a quello tempo grande caro, imperciò che allora correa in Firenze una moneta d’argento, che si chiamavano fiorini, di danari XII l’uno, che oggi varrebbono a la presente piccola moneta per lega e per peso l’uno danaio tre.

XI


Come i Fiorentini presono il castello di Pogna.

Negli anni di Cristo MCLXXXIIII, del mese di giugno, i Fiorentini assediarono il castello di Pogna perché non volea obedire al Comune di Firenze, e era molto forte, e guerreggiava la contrada di Valdelsa infino a la Pesa; ed era di gentili uomini cattani che si chiamavano i signori di Pogna.

XII


Come Federigo primo imperadore tolse il contado a la città di Firenze e a più altre città di Toscana.

Nel detto anno di Cristo MCLXXXIIII Federigo primo imperadore andando di Lombardia in Puglia, passò per la nostra città di Firenze a dì XXXI di luglio del detto anno, e in quella soggiornato alquanti dì, e fattagli querimonia per gli nobili del contado, come il Comune di Firenze avea prese per forza e occupate molte loro castella e fortezze contra l’onore dello ’mperio, sì tolse al Comune di Firenze tutto il contado e la signoria di quello infino alle mura, e per lo contado facea stare per le villate suoi vicarii che rendeano ragione e faceano giustizia; e simile fece a tutte l’altre città di Toscana ch’aveano tenuta la parte della Chiesa quando egli ebbe la guerra con papa Allessandro, salvo che non tolse il contado né alla città di Pisa né a quella di Pistoia che tennero co·llui. E in questo anno il detto Federigo assediò la città di Siena, ma no·ll’ebbe. E queste novitadi fece alle dette città di Toscana, imperciò che nonn-erano state di sua parte, sì che, con tutto che s’era pacificato colla Chiesa e venuto a la misericordia del detto papa, come adietro è fatta menzione, non lasciò di partorire il suo male volere contro alle città ch’aveano ubbidita a la Chiesa; e così stette la città di Firenze sanza contado IIII anni, infino che ’l detto Federigo andòe al passaggio d’oltremare ove annegò, come addietro facemmo menzione.

XIII


Come i Fiorentini si crociaro e andarono oltremare al conquisto di Dammiata, e però ne liberò il contado loro.

Negli anni di Cristo MCLXXXVIII, essendo commossa quasi tutta la Cristianità per andare al soccorso della Terrasanta, vegnendo in Firenze l’arcivescovo di Ravenna legato del papa a predicare la croce per lo detto passaggio, molta buona gente di Firenze presono la croce dal detto arcivescovo a San Donato tra le Torri, overo a San Donato a Torri di là da Rifredi, overo il munistero delle Donne, però che ’l detto arcivescovo era dell’ordine di Cestella; e ciò fu a dì II del mese di febbraio del detto anno. E furono sì grande quantità i Fiorentini, che feciono oste oltremare per loro, e furono al conquisto della città di Dammiata, e de’ primi che presono la terra, e per insegna ne recarono uno stendale vermiglio che ancora è nella chiesa di San Giovanni, e per la detta devozione e susidio fatto per gli Fiorentini per santa Chiesa e per la Cristianità dal papa Gregorio e dallo imperadore Federigo detto fu renduta la giurisdizione del contado a la città di Firenze, di lungi a la città di Firenze X miglia.

XIV


Come i Fiorentini ebbono il braccio del beato appostolo santo Filippo.

Nel tempo che regnava in Gostantinopoli lo ’mperadore Manuello, cristianissimo e obbediente a santa Chiesa, si maritò una sua nipote figliuola del fratello, la quale avea nome Isabella, al re di Gerusalem e di Cipri, e dielle intra gli altri doni e gioelli in sua dote l’orlique del beato Filippo appostolo. Avenne che uno messere monaco di Firenze era cancelliere del patriarca di Ierusalem, e poi fu per sua bontà fatto arcivescovo d’Acri al tempo che il soldano Saladino prese la città di Ierusalem; ma poi ripresa la Terrasanta per gli Cristiani, il detto arcivescovo tornò oltremare, e fu fatto per lo papa patriarca di Ierusalem. E sappiendo come la detta Isabella reina di Ierusalem avea la detta santa reliquia, disiderando d’averla per onorare la sua città di Firenze, la domandò a la detta reina, assegnandole come nonn-era lecito a donna che fosse al secolo sì santa reliquia tenere infra le sue gioie mondane, ma si convenia che fosse in parte ove fosse venerata a Dio; per la qual cosa la detta reina la donò al detto patriarca. E ciò sappiendo il vescovo di Firenze, ch’avea nome messere Piero, ne scrisse più lettere al detto patriarca cittadino di Firenze, che gli piacesse di mandare la detta santa reliquia in Firenze. Avvenne che ’l detto patriarca amalòe a morte, e commise a uno messere Rinieri di Firenze priore del Sepolcro e suo cappellano che ’l detto braccio mandasse a Firenze; ma il capitolo de’ calonaci di Ierusalem nol voleva lasciare portare. A la fine il sopradetto vescovo di Firenze mandòe oltremare per lo detto braccio uno messere Gualterotto calonaco di Firenze, il quale con molta istanzia e studio adoperò tanto col detto priore del Sepolcro, ch’egli ebbe il detto santo braccio, e recollo in Firenze l’anno di Cristo MCLXXXX, essendo rettore di Firenze il conte Ridolfo da Capraia; al quale per lo vescovo di Firenze con tutto il chericato, e col detto rettore con tutto il popolo, uomini e femmine, andarono incontro a processione incontro al detto braccio, e con grande solennità recato fu in Firenze, e messo nell’altare di Santo Giovanni Batista, il quale fece molti e aperti miracoli in più cittadini di Firenze, i quali a la sua venuta ebbono fede e devozione.

XV


Come il papa pacificò i Pisani e’ Genovesi per fornire il passaggio d’oltremare.

Nel detto anno MCLXXXVIII, per cagione del detto passaggio, il detto papa Gregorio, essendone molto sollecito, venne in Pisa e per acconcio del detto passaggio pacificòe i Pisani co’ Genovesi, ch’aveano avuto gran guerra insieme per l’isola di Sardigna; e in Pisa morì il detto papa in questo anno, e poco vivette papa. E da papa Allessandro detto adietro insino a questo Gregorio fue papa Lucio di Toscana, e sedette papa da IIII anni, ma poco fece al suo tempo; e poi fu papa Urbano di Lombardia che fue papa da due anni. E questo Urbano cominciò in Italia l’ordine di questo passaggio, e papa Gregorio il seguì mentre che vivette papa, che fu poco più d’uno anno; ma poi papa Clemente di Roma il mise a seguizione, e partissi il detto passaggio d’Italia del mese di febbraio MCLXXXVIIII. Lasceremo alquanto de’ papa che furono, e de’ nostri fatti di Firenze, e diremo d’Arrigo di Soavia figliuolo del sopradetto Federigo, e le novità che furono al suo tempo.

XVI


Come Arrigo di Soavia fu fatto imperadore per la Chiesa, e datagli per moglie Gostanza reina di Cicilia.

Arrigo di Soavia figliuolo che fu del grande Federigo, come dicemmo dinanzi, vivendo il padre il fece eleggere re de’ Romani; ma, tornato Arrigo d’oltremare, e riformato in Alamagna la sua signoria, sì passò in Italia, e venne a Roma a richiesta del papa Clemente, e da’ Romani fu ricevuto onorevolmente, imperciò ch’egli concedette loro la città di Toscolano e il suo contado, ch’erano stati ribelli de’ Romani, la quale città da’ Romani fu tutta disfatta e abbattuta, e mai poi non si rifece. E vegnendo a Roma il detto Arrigo, trovò morto il detto papa Clemente che per lui avea mandato, e eletto papa Cilestino, nato di Roma, per li cardinali, al quale il detto Arrigo si fue a la sua consecrazione, la quale fu il dì di Pasqua di Risoresso d’aprile, gli anni di Cristo MCLXXXXII; e vivette papa anni VI, e mesi VIII, e dì XI. E fatto papa Celestino, il secondo dìe della sua consecrazione coronò il detto Arrigo imperadore. E in prima che ’l detto Arrigo si partisse da la Magna, avendo la Chiesa discordia con Tancredi re di Cicilia e di Puglia, figliuolo che fu dell’altro Tancredi nipote per femmina di Ruberto Guiscardo, siccome nel capitolo ove trattammo del detto Ruberto facemmo menzione, per cagione ch’egli, siccome dovea, fedelmente non rispondea del censo a la Chiesa, e promutava vescovi e arcivescovi a sua volontà, in vergogna del papa e della Chiesa, il detto papa Clemente trattò coll’arcivescovo di Palermo di torre il regno di Cicilia e di Puglia al detto Tancredi, e fece ordinare al detto arcivescovo che Gostanza serocchia che fu del re Guiglielmo, e diritta ereda del reame di Cicilia, la quale era monaca in Palermo, siccome adietro facemmo menzione, e era già d’età di più di L anni, sì·lla fece uscire dal munistero, e dispensò in lei ch’ella potesse essere al secolo e usare matrimonio; e di nascoso il detto arcivescovo fattala partire di Cicilla e venire a Roma, la Chiesa la fece dare per moglie al detto Arrigo imperadore, onde poco appresso nacque Federigo secondo imperadore, che fece tante persecuzioni a la Chiesa, come innanzi nel suo trattato diremo. E non sanza cagione e giudicio di Dio dovea riuscire sì fatto ereda, essendo nato di monaca sacra, e in età di lei di più di LII anni, ch’è quasi impossibile a natura di femmina a portare figliuolo, sicché nacque di due contrarii, allo spirituale, e quasi contra ragione al temporale. E troviamo quando la ’mperadrice Gostanza era grossa di Federigo, s’avea sospetto in Cicilia e per tutto il reame di Puglia che per la sua grande etade potesse essere grossa; per la qual cosa quando venne a partorire fece tendere uno padiglione in su la piazza di Palermo, e mandare bando che qual donna volesse v’andasse a vederla, e molte ve n’andarono e vidono, e però cessò il sospetto.

XVII


Come lo ’mperadore Arrigo conquistò il regno di Puglia.

Come il detto Arrigo fu coronato imperadore, e isposata Gostanza imperadrice, onde ebbe in dota il reame di Cicilia e di Puglia con consentimento del papa e della Chiesa, e rendendone il censo usato, e già nato Federigo suo figliuolo, incontanente con sua oste e colla moglie n’andòe nel Regno, e vinse tutto il paese infino a la città di Napoli, ma que’ di Napoli non si vollono arrendere, onde Arrigo vi puose l’assedio, e stettevi tre mesi. E nella detta oste fue tanta pestilenzia d’infermità e di mortalità, che ’l detto Arrigo e la moglie v’infermaro, e della sua gente vi morì la maggiore parte; onde per necessità si levò dal detto assedio con pochi quasi inn-isconfitta, e infermo tornò a Roma, e la ’mperadrice Gostanza per malatia presa ne l’oste poco appresso si morìo, e lasciò Federigo suo figliuolo piccolino in guardia e in tutela di santa Chiesa. Poi il detto Arrigo imperadore fatta venire nuova gente da la Magna e riformato suo stato, un’altra volta passò nel Regno con grande oste gli anni di Cristo MCLXXXXVI. Il quale regno di Puglia e reame di Cicilia signoreggiava Guiglielmo il giovane, figliuolo ch’era stato di Tancredi re, e era giovane di tempo e di senno, il quale ingannato dal detto Arrigo, sotto trattato di pace, il fece prendere con tre sue serocchie, e mandollo in pregione in Alamagna; e ’l detto Guiglielmo fece accecare degli occhi e castrare, acciò che mai non potesse generare figliuoli, e in pregione vilmente finì sua vita; ma le serocchie, morto Arrigo, da Filippo suo fratello furono dilibere di pregione per lo modo che addietro di loro facemmo menzione nella fine del legnaggio di Ruberto Guiscardo.

XVIII


Come Arrigo imperadore si ribellò da la Chiesa e funne persecutore, e com’egli morìo.

Dapoi che Arrigo fece prendere il detto re Guiglielmo, il reame ebbe sanza gran contasto, e tutti quegli che gli erano stati incontro uccise e disperse crudelmente; e quand’elli fu al tutto signore del reame, sì seguì l’orme del padre d’essere ingrato a santa Chiesa, e non solamente ingrato, ma persecutore, che più vescovi e arcivescovi e altri prelati fece nel suo regno morire, occupando le chiese e mettendovi cui a·llui piaceva, e non rispondendo del censo alla Chiesa. Per la qual cosa papa Innocenzo terzo, il quale fu di Campagna e succedette a Celestino, scomunicò il detto Arrigo e’ suoi seguaci. E lui regnato nello imperio VIII anni, morì scomunicato nella città di Palermo gli anni di Cristo MCC, e di lui rimase Federigo piccolo fanciullo, come detto è dinanzi, il quale dalla Chiesa, siccome sua madre e buona tutrice, il detto pupillo fu guardo e conservo il suo regno, non guardando al misfatto del padre.

XIX


Come Otto IIII di Sassogna fue eletto imperadore.

Morto Arrigo imperadore, contasto grande fu intra gli elettori d’Alamagna d’eleggere re de’ Romani; e partiti tra·lloro, feciono due lezioni. L’una parte elesse Filippo duca di Soavia fratello del detto Arrigo, e l’altra parte elessono Otto di Sassogna; ma Filippo vincea per aiuto e forza de’ baroni d’Alamagna a essere re de’ Romani. Ma il sopradetto papa Innocenzo favorava Otto, perché Filippo non fosse, perch’era stato fratello d’Arrigo ch’avea perseguitata la Chiesa. E in questo contasto, per frode dell’antigrado, il detto Filippo fu morto, e fue con favore della Chiesa confermato il detto Otto a re de’ Romani l’anno MCCIII. E credendo la Chiesa avere migliorato stato per fare imperadore il detto Otto, troppo lo peggiorò; che se Arrigo fu contra la Chiesa reo, questo Otto fue pessimo, siccome innanzi nel tempo che regnò faremo menzione. Lasceremo a·ddire alquanto d’Otto imperadore infino che sarà tempo, e torneremo a·ddire de’ fatti di Firenze, e dell’altre novità dell’universo mondo che furono al tempo d’Arrigo, toccando in brieve di cose notabili: e da qui innanzi ne tratteremo al generale, imperciò che·cci pare di nicessità in gran parte, che per le diverse parti che nacquono in Italia per le discordie dalla Chiesa agl’imperadori, quasi tutto il mondo ne fu poi commosso e contaminato, e l’una novità risurse del rimbalzo dell’altra. E perché la nostra città di Firenze venne crescendo di fama e d’essere e di potenza, quasi le più delle notabili novità de’ Cristiani in alcuna parte si riferiscono a’ nostri fatti di Firenze.

XX


Come iscurò tutto il corpo del sole.

Negli anni di Cristo MCLXXXXII, a dì XXII di giugno, iscurò tutto il corpo del sole, e durò d’alquanto dopo terza infino a la nona; la qual cosa secondo il detto de’ savi astrolagi è segno di grandi novitadi future tra’ Cristiani.

XXI


Come i Samminiatesi disfecero la loro terra per discordia.

Negli anni di Cristo MCLXXXXVII i terrazzani del castello di Samminiato del Tedesco per loro discordie si disfeciono la detta loro terra, e tornaro ad abitare al piano a piede di Samminiato nel borgo detto San Giniegio e in quello di Santa Gonda per essere più a l’agio del piano e dell’acqua, e presso del fiume d’Arno e di quello d’Elsa, credendosi ivi fare una grande cittade, ma il loro intendimento tosto venne vano.

XXII


Come i Fiorentini comperarono Montegrossoli.

Nel detto anno i Fiorentini comperaro il castello di Montegrossoli in Chianti da certi cattani cui era, che lungamente aveano fatta guerra a’ Fiorentini, e andatavi più volte l’oste de’ Fiorentini, come addietro è fatta menzione. E in questo medesimo anno fue generale pace in tutta Italia; e allora era consolo in Firenze Compagno degli Arrigucci.

XXIII


Come fu fatto papa Innocenzo terzo.

Negli anni di Cristo MCLXXXXVIII fu fatto papa Innocenzo terzo nato di Campagna, e regnò papa più di XVII anni, e fu savio e valente uomo in iscienzia di scrittura, e savio naturale di costumi; e al suo tempo furono molte cose, come innanzi farà menzione. Questi fu quegli che iscomunicò lo ’mperadore Arrigo, e fece fare Otto di Sassogna imperadore.

XXIV


Come si comincio l’ordine de’ frati minori.

Al tempo del detto papa Innocenzo si cominciò la santa ordine de’ frati minori, onde fu cominciatore il beato Francesco nato della città d’Ascesi nel ducato, e per questo papa fu accettata e approvata la detta ordine con privilegio, imperciò che tutta fu fondata in umilità, e carità, e povertà, seguendo in tutto il santo Vangelio di Cristo, e schifando ogni delizia umana. E ’l detto papa in visione vide santo Francesco sostenere sopra i suoi omeri la chiesa di Laterano, sì come poi per simile modo vide di santo Domenico; la quale visione fue figura e profezia come per loro si dovea sostenere santa Chiesa e la fede di Cristo.

XXV


Come si cominciò l’ordine de’ frati predicatori.

E al tempo ancora del detto papa, similemente si cominciò l’ordine de’ frati predicatori, onde fu cominciatore il beato Domenico nato di Spagna, ma al suo tempo no·lla confermò, con tutto che in avisione avvenne al detto papa che la chiesa di Laterano gli cadea adosso, e ’l beato Domenico la sostenea in su le sue spalle. E per questa visione era disposto di confermarla, ma sopravennegli la morte, e il suo successore appresso papa Onorio la confermò, gli anni di Cristo MCCXVI. E vere furono le visioni del sopradetto Innocenzo di santo Francesco e di santo Domenico, che·lla Chiesa di Dio cadea per molti errori e per molti dissoluti peccati, non temendo Iddio; e ’l detto beato Domenico per la sua santa scienza e predicazione gli corresse, e fune il primo stirpatore degli eretichi; e ’l beato Francesco per la sua umilità e vita appostolica e di penitenzia corresse la vita lascibile, e ridusse i Cristiani a penitenzia e a vita di salute. E veramente la Sibilla Irtea, seguendo questi tempi, profetizzò di queste due sante ordini, dicendo che due stelle orierebbono in alluminando il mondo.

XXVI


Come i Fiorentini disfecioro il castello di Frondigliano.

Negli anni di Cristo MCLXXXXVIIII, essendo consoli della città di Firenze conte Arrighi della Tosa e’ suoi compagni, i Fiorentini assediaro il castello di Frondigliano, che s’era rubellato e facea guerra al Comune di Firenze, e presollo e disfeciollo infino alle fondamenta, e mai non si rifece. E nel detto anno i Fiorentini puosono oste a Simifonti, il quale era molto forte, e non ubbidia alla città.

XXVII


Come i Samminiatesi disfeciono San Giniegio, e tornarono ad abitare al poggio.

Negli anni di Cristo MCC i Samminiatesi disfeciono il borgo a San Giniegio ch’era nel piano di Samminiato, ed era molto ricco e bene abitato; e per più fortezza si tornaro ad abitare al poggio; e rifare il castello di Samminiato il quale aveano disfatto poco tempo dinanzi, sicché in corto tempo feciono due follie.

XXVIII


Come i Franceschi e’ Viniziani presono Gostantinopoli.

Nel detto anno MCC molti baroni franceschi ch’erano mossi per andare oltremare al soccorso della Terrasanta, con navilio de’ Viniziani e ’l marchese di Monferrato e più altri baroni d’Italia, sì s’accordaro, trovandosi quasi in sul verno infra l’isole d’Arcipelago in Grecia, di guerreggiare i Greci infino alla primavera, imperciò che per loro frode e malizie aveano per più volte fatto grande danno e impedimento a’ Latini, che per loro paese andavano al passaggio d’oltremare. E così assaliro la nobile città di Gostantinopoli per mare e per terra, e per forza la presono, e Baldovino conte di Fiandra per universale accordo di tutti i baroni e de’ Viniziani, per la sua bontà, senno, e valore, ne fu coronato imperadore. Ma poco duròe il detto imperio, che fu sconfitto e morto da’ Cumani. E chi queste storie vorrà più pienamente trovare legga il libro del conquisto d’oltremare, ove sono distesamente. E per questo conquisto ritengono i Viniziani il titolo di parte del detto imperio.

XXIX


Come i Tartari scesono le montagne di Gog e Magog.

Negli anni di Cristo MCCII la gente che si chiamano i Tartari usciro dalle montagne di Gog e Magog, chiamate in latino Monti di Belgen; i quali si dice che furono stratti di quegli tribi d’Isdrael che il grande Allessandro re di Grecia, che conquistò tutto il mondo, per loro brutta vita gli rinchiuse in quelle montagne, acciò che non si mischiassono con altre nazioni, e ivi per viltà di loro e vano intendimento, vi stettono rinchiusi da Allessandro infino a questo tempo, credendosi che l’oste d’Allessandro sempre vi fosse; imperciò ch’egli per maestrevole artificio sopra i monti ordinò trombe grandissime si dificiate, che ad ogni vento trombavano con grande suono. Ma poi si dice che per gufi che nelle bocche di quelle trombe feciono nidio, e stopparono i detti artificii per modo che rimase il detto suono, e per questa cagione hanno i gufi in grande reverenzia, e per leggiadria portano i grandi signori di loro le penne del gufo in capo, per memoria che stopparo le trombe e artificii detti. Per la qual cosa il detto popolo, il quale come a guisa di bestie viveano, e erano multiplicati in innumerabile numero, sì si cominciarono a sicurare, e certi di loro a passare i detti monti; e trovando come sopra le montagne non avea gente, se none il vano inganno delle trombe turate, scesono al piano e al paese d’India ch’era fruttifero, e ubertoso, e dolce; e tornando e rapportando al loro popolo e genti le dette novelle, allora si congregaro insieme, e feciono per divina visione loro imperadore e signore uno fabbro di povero stato, il quale avea nome Cangius, il quale in su un povero feltro fu levato imperadore; e come fu fatto signore, fu chiamato il sopranome Cane, cioè in loro lingua imperadore. Questi fu molto valoroso e savio, e per suo senno e valentia uscì con tutto quello popolo de le dette montagne, e ordinogli a decine e a centinaia e a migliaia, con capitani acconci a combattere; e per essere più obbedito, prima a’ maggiori di sua gente fece per suo comandamento uccidere a ciascuno il suo figliuolo primogenito di loro mano; e quando si vide così obbedito, e dato suo ordine a la sua gente, entrò in India, e vinse il Presto Giovanni, e sottomisesi tutto il paese. E ebbe più figliuoli, che appresso lui feciono di grandi conquisti, e quasi di tutta la parte d’Asia i populi e li re si misono sotto loro signoria, e parte d’Europia inverso Cumania, e Alania, e Bracchia infino al Danubio. E’ discendenti de’ figliuoli del detto Cangius Cane sono oggi signori intra’ Tartari. Questi non hanno ordinata legge, che chi è stato di loro Cristiano, e chi Saracino, ma i più pagani idolatri. Avemo raccontato di loro nascimento e movimento, imperciò che in così piccolo tempo mai gente non fece sì gran conquisto, né nullo popolo né setta nonn-ha tanta signoria, podere, e ricchezza. E chi delle loro geste vorrà meglio sapere cerchi il libro di frate Aiton, signore del Colco d’Erminia, il quale fece ad istanza di papa Chimento quinto, e ancora il libro detto Milione, che fece messere Marco Polo di Vinegia, il quale conta molto di loro podere e signoria, imperciò che lungo tempo fu tra·lloro. Lasceremo de’ Tartari, e torneremo a nostra materia de’ fatti di Firenze.

XXX


Come i Fiorentini disfecero il castello di Simifonti e quello di Combiata.

Negli anni di Cristo MCCII, essendo consolo in Firenze Aldobrandino Barucci da Santa Maria Maggiore, che furono molto antichi uomini, co la sua compagnia i Fiorentini ebbono il castello di Simifonti, e feciollo disfare, e il poggio apropiare al Comune, però che lungamente avea fatta guerra a’ Fiorentini. E ebbollo i Fiorentini per tradimento per uno da San Donato in Poci, il quale diede una torre, e volle per questa cagione egli e’ suoi discendenti fossono franchi in Firenze d’ogni incarico, e così fu fatto, con tutto che prima nella detta torre, combattendola, fu morto da’ terrazzani il detto traditore. E nel detto anno i Fiorentini andarono ad oste al castello di Combiata, ch’era molto forte in sul capo del fiume della Marina verso il Mugello, il quale era de’ cattani della contrada che non voleano obbedire il Comune e facevano guerra; e disfatti i detti castelli, feciono dicreto che mai non si dovessono rifare.

XXXI


Disfacimento di Montelupo, e come i Fiorentini ebbono Montemurlo.

Negli anni di Cristo MCCIII, essendo consolo in Firenze Brunellino Brunelli de’ Razzanti e suoi compagni, i Fiorentini disfeciono il castello di Montelupo perché non volea ubidire al Comune. E in questo anno medesimo i Pistolesi tolsono il castello di Montemurlo a’ conti Guidi; ma poco appresso, il settembre, v’andarono ad oste i Fiorentini in servigio de’ conti Guidi, e riebborlo, e renderlo a’ conti Guidi. E poi nel MCCVII i Fiorentini feciono fare pace tra’ Pistolesi e’ conti Guidi; ma poi non possendo bene difendere i conti da’ Pistolesi Montemurlo, però ch’era loro troppo vicino, e aveanvi fatto appetto il castello del Montale, sì ’l vendero i conti Guidi al Comune di Firenze libbre Vm di fiorini piccioli, che sarebbono oggi Vm fiorini d’oro; e ciò fu gli anni di Cristo MCCVIIII. Ma i conti da Porciano mai non vollono dare parola per la loro parte a la vendita.

XXXII


Come i Fiorentini elessono di prima podestade.

Negli anni di Cristo MCCVII i Fiorentini ebbono di prima signoria forestiera, che infino allora s’era retta la città sotto signoria de’ consoli cittadini, de’ maggiori e migliori della città, con consiglio del senato, cioè di cento buoni uomini; e quelli consoli al modo di Roma tutto guidavano, e governavano la città, e rendeano ragione, e facevano giustizia: e durava il loro officio uno anno. E erano quattro consoli mentre che·lla città fu a quartieri, per ciascuna porta uno; e poi furono VI quando la città si partì a sesti. Ma gli antichi nostri non faceano menzione de’ nomi di tutti, ma dell’uno di loro di maggiore stato e fama, dicendo: al tempo di cotale consolo e de’ suoi compagni. Ma poi cresciuta la città e di genti e di vizii, e faceansi più malifici, sì s’accordaro per meglio del Comune, acciò che i cittadini nonn-avessono sì fatto incarico di signoria, né per prieghi, né per tema, o per diservigio, o per altra cagione non mancasse la giustizia, sì ordinaro di chiamare uno gentile uomo d’altra città, che fosse loro podestà per uno anno, e rendesse le ragioni civili con suoi collaterali e giudici, e facesse l’esecuzione delle condannagioni e giustizie corporali. E ’l primo che fu podestà in Firenze fu nel detto anno Gualfredotto da Milano, e abitò al vescovado, imperciò che ancora non ave’ in Firenze palazzo di Comune. E però non rimase la signoria de’ consoli, ritegnendo a·lloro l’aministragione d’ogn’altra cosa del Comune. E per la detta signoria si resse la cittade infino al tempo che·ssi fece il primo popolo in Firenze, come innanzi faremo menzione; e allora si criò l’officio degli anziani.

XXXIII


Come i Fiorentini sconfissono i Sanesi a Monte Alto.

Nel detto anno, a la signoria di Gualfredotto di Milano il primo anno, i Fiorentini ricominciaro guerra co’ Sanesi, però che’ Sanesi aveano ricominciata guerra a Montepulciano e Monte Alcino contra i patti della pace; per la qual cosa i Fiorentini andarono a oste in su quello di Siena al castello di Montalto. I Sanesi per soccorrere il detto castello combattero co’ Fiorentini, e furono sconfitti, e molti morti; e presi ne vennero in Firenze MCCC Sanesi; e’ Fiorentini ebbono il detto Montalto e disfeciollo.

XXXIV


Come i Sanesi richiesono di pace i Fiorentini ed ebbolla.

Apresso, l’anno MCCVIII, il secondo anno della signoria del detto Gualfredotto, essendo rifermato, i Fiorentini feciono oste sopra i Sanesi, e disfeciono Rugomagno loro castello, e andarono infino a Rapolano nel contado di Siena, menandone grande preda e molti pregioni; ma poi l’anno nel MCCX i Sanesi non potendo più durare la guerra co’ Fiorentini, e per riavere i loro pregioni, richiesono pace a’ Fiorentini, e quetarono Montepulciano e Monte Alcino e tutte le castella che’ Fiorentini aveano prese sopra loro. E in quello tempo era consolo in Firenze messer Catalano della Tosa e sua compagnia. Lasceremo alquanto a dire de’ fatti di Firenze, e diremo d’Otto il quarto di Sassogna imperadore, e quello che fece al suo tempo.

XXXV


Come Otto quarto fu coronato imperadore, e come si fece nimico e persecutore di santa Chiesa.

Otto quarto di Sassogna fue eletto re de’ Romani, per lo modo detto addietro, quando fu eletto Filippo di Soavia, il quale fu morto. Ma questo Otto, a petizione e studio di papa Innocenzio terzo, fu confermato re de’ Romani l’anno di Cristo MCCIII, ma però non venne incontanente a Roma per molta guerra li surse in Alamagna, sì che Italia stette sanza imperio da XII anni; ma tratte a fine Otto le guerre d’Alamagna, passò in Italia, e dal sopradetto papa Innocenzo fu coronato l’anno di Cristo MCCX. Ma incontanente ch’ebbe la corona dello ’mperio, ove la Chiesa e ’l detto papa si credeano fosse amico e difenditore, si fece nemico e persecutore, e a’ Romani incominciò incontanente guerra, e contra volontà del detto papa e della Chiesa passò in Puglia, e prese gran parte del Regno, il quale la Chiesa guardava siccome tutrice e madre di Federigo il giovane, figliuolo che fu dello ’mperadore Arrigo di Soavia e di Gostanza imperadrice. Per la qual cosa il detto papa scomunicò il detto Otto e dispuose dello imperio in uno grande concilio che fece in Roma, e mandò in Alamagna per lo giovane Federigo, e colla forza della Chiesa raquistò il Regno e Cicilia. E ’l detto Otto si tornò in Alamagna, e di là per contradio della Chiesa fece lega e congiura col conte Ferrante di Fiandra, e con quello di Bari e di Bologna, e più altri baroni di Francia, i quali s’erano rubellati al re Filippo il Bornio re di Francia. E essendo il detto re acampato contra il detto imperadore e gli altri signori, quasi tutti i suoi baroni il voleano abandonare; per la qual cosa fece uno altare nel campo, e trassesi la corona in presenza de’ suoi baroni e puoselavi suso, e disse: "Donatela a chi è più degno di me, e io l’obbedirò volentieri". I baroni vedendo la sua umilità, si rivolsono e promisogli d’essere leali e fedeli a la battaglia. Il quale re Filippo avendo con seco riconciliati i suoi baroni, col detto Otto imperadore, e Ferrante conte di Fiandra, e gli altri rubelli, battaglia di campo fece al ponte a Bovino a’ confini di Fiandra, là dove ebbe molta gente francesca e tedesca morta. A la fine il detto buono re Filippo per la grazia di Dio ebbe vittoria, e però che si ritenne in una schiera con Vc cavalieri vecchi e indurati in battaglie e tornianti, de’ quali parte di loro non intesono se non a rompere le schiere co’ destrieri, sanza fedire colpi, e così ruppono i Tedeschi; e prese il detto conte Ferrante di Fiandra, e tolsegli Artese e Vermandois; e Otto imperadore a gran periglio e vergogna fuggì con poca di sua gente del campo, e grande danno ricevette di sua gente; e ciò fu gli anni di Cristo MCCXIIII. E il dì medesimo essendo il giovane Luis figliuolo del detto re Filippo a oste in Paico, battaglia ebbe col re Arrigo d’Inghilterra e’ suoi allegati che da l’altra parte venieno sopra il re di Francia, e lui vinse e sconfisse. E in quello giorno medesimo essendo il conte di Barzellona e di Valenza, onde furono poi i suoi discendenti re d’Aragona, ad assedio de la città di Carcasciona che vi cosava ragione, la quale tenea il detto re di Francia e eravi dentro il conte di Monforte con buona gente, il quale uscì fuori vigorosamente, e assalì improviso e sconfisse l’oste de’ Catalani, e fu preso il conte di Barzellona, e per gli Franceschi tagliatagli la testa. Per le quali tre sì grandi e bene aventurose vittorie molto sormontò il re di Francia, e prese Paico e la Roccella e molto acrebbe suo reame.

XXXVI


Come vivendo Otto fu eletto imperadore Federigo secondo di Soavia a richiesta della Chiesa di Roma.

Essendo il detto Otto nimico della Chiesa e disposto per concilio generale dello ’mperio, la Chiesa ordinò colli elettori d’Alamagna ch’egli elessono a re de’ Romani Federigo il giovane re di Cicilia, il quale era in Alamagna, e contra il detto Otto ebbe grande vittoria. E poi il detto Otto tornato a coscienza, andòe al passaggio di Dammiata oltremare, e di là morìo, e rimase Federigo colla elezione. E poi al tempo d’Onorio terzo papa, che succedette a Innocenzo detto di sopra, il detto Federigo d’Alamagna venne a Vinegia, e poi per mare nel suo regno di Puglia, e poi a Roma; e dal detto papa Onorio e da’ Romani fu ricevuto a grande onore, e coronato imperadore, come innanzi nel suo trattato faremo menzione. Lasceremo alquanto dello ’mperadore, e diremo de’ fatti de’ Fiorentini che furono infino alla sua coronazione.

XXXVII


Come morì il conte Guido vecchio, e di sua progenia.

Negli anni di Cristo MCCXIII morì il conte Guido vecchio, del quale rimasono cinque figliuoli, ma l’uno morìo e lasciò reda della sua parte quegli ch’ebbono Poppi, però che di lui non rimasono figliuoli; poi de’ quattro figliuoli sono discesi tutti i conti Guidi. Questo conte Guido, la sua progenia si dice che anticamente furono d’Alamagna grandi baroni, i quali passarono con Otto primo imperadore, il quale diede loro il contado di Modigliana in Romagna, e di là rimasono; e poi i loro discendenti per loro podere furono signori quasi di tutta Romagna, e faceano loro capo in Ravenna, ma per soperchi ch’egli usarono a’ cittadini di loro donne, e d’altre tirannie, a romore di popolo furono cacciati in uno giorno, corsi, e morti in Ravenna, che nullo ne campò piccolo o grande, se none uno picciolino fanciullo ch’avea nome Guido, il quale era a Modigliana a balìa, il quale fu sopranomato Guido Besangue per lo molesto de’ suoi, come nelle storie d’Otto imperadore adietro facemmo menzione. Questo Guido fu padre del detto conte Guido vecchio, onde poi tutti i conti Guidi sono discesi. Questo conte Guido vecchio prese per moglie la figliuola di messere Bellincione Berti de’ Ravignani, ch’era il maggiore e ’l più onorato cavaliere di Firenze, e le sue case succedettono poi per retaggio a’ conti, le quali furono a porta San Piero in su la porta vecchia. Quella donna ebbe nome Gualdrada, e per bellezza e bello parlare di lei la tolse, veggendola in Santa Reparata coll’altre donne e donzelle di Firenze. Quando lo ’mperadore Otto quarto venne in Firenze, e veggendo le belle donne della città che in Santa Reparata per lui erano raunate, questa pulcella più piacque allo ’mperadore; e ’l padre di lei dicendo allo ’mperadore ch’egli avea podere di fargliele basciare, la donzella rispuose che già uomo vivente la bascerebbe se non fosse suo marito, per la quale parola lo ’mperadore molto la commendò; e il detto conte Guido preso d’amore di lei per la sua avenentezza, e per consiglio del detto Otto imperadore, la si fece a moglie, non guardando perch’ella fosse di più basso lignaggio di lui, né guardando a dote; onde tutti i conti Guidi sono nati del detto conte e della detta donna in questo modo; che, come dice di sopra, ne rimasono IIII figliuoli che·nne discesono rede. In primo ebbe nome Guiglielmo, di cui nacque il conte Guido Novello e ’l conte Simone. Questi furono Ghibellini, ma per oltraggi che Guido Novello fece al conte Simone suo fratello per la parte del suo patrimonio, si fece Guelfo e s’allegò co’ Guelfi di Firenze, e di questo Simone nacque il conte Guido da Battifolle. L’altro figliuolo ebbe nome Ruggieri, onde nacquero il conte Guido Guerra e ’l conte Salvatico; e questi tennero parte guelfa. L’altro ebbe nome Guido da Romena, onde sono discesi quegli da Romena, gli quali sono stati Guelfi e Ghibellini. L’altro fu il conte Tegrimo, onde sono quegli da Porciano, e sempre furono Ghibellini. Il sopradetto Otto imperadore privileggiò il detto conte Guido della signoria di Casentino. Avemo sì lungo parlato del detto conte Guido, bene che in altra parte avessimo trattato del cominciamento di suo lignaggio, però che fue valente uomo, e di lui sono tutti i conti Guidi discesi, e perché’ suoi discendenti molto si mischiarono poi de’ fatti di Firenze, come per gli tempi faremo menzione.

XXXVIII


Come si cominciò parte guelfa e ghibellina in Firenze.

Negli anni di Cristo MCCXV, essendo podestà di Firenze messere Gherardo Orlandi, avendo uno messer Bondelmonte de’ Bondelmonti nobile cittadino di Firenze promesse a·ttorre per moglie una donzella di casa gli Amidei, onorevoli e nobili cittadini; e poi cavalcando per la città il detto messer Bondelmonte, ch’era molto leggiadro e bello cavaliere, una donna di casa i Donati il chiamò, biasimandolo della donna ch’egli avea promessa, come nonn era bella né sofficiente a·llui, e dicendo: "Io v’avea guardata questa mia figliuola"; la quale gli mostrò, e era bellissima; incontanente per subsidio diaboli preso di lei, la promise e isposò a moglie. Per la qual cosa i parenti della prima donna promessa raunati insieme, e dogliendosi di ciò che messer Bondelmonte aveva loro fatto di vergogna, sì presono il maladetto isdegno onde la città di Firenze fu guasta e partita; che di più causati de’ nobili si congiuraro insieme di fare vergogna al detto messer Bondelmonte per vendetta di quella ingiuria. E stando tra·lloro a consiglio in che modo il dovessero offendere, o di batterlo o di fedirlo, il Mosca de’ Lamberti disse la mala parola "Cosa fatta capo ha", cioè che fosse morto: e così fu fatto; ché la mattina di Pasqua di Risurresso si raunaro in casa gli Amidei da Santo Stefano, e vegnendo d’Oltrarno il detto messere Bondelmonte vestito nobilemente di nuovo di roba tutta bianca, e in su uno palafreno bianco, giugnendo a piè del ponte Vecchio dal lato di qua, apunto a piè del pilastro ov’era la ’nsegna di Mars, il detto messer Bondelmonte fue atterrato del cavallo per lo Schiatta degli Uberti, e per lo Mosca Lamberti e Lambertuccio degli Amidei assalito e fedito, e per Oderigo Fifanti gli furono segate le vene e tratto a·ffine; e ebbevi co·lloro uno de’ conti da Gangalandi. Per la qual cosa la città corse ad arme e romore. E questa morte di messere Bondelmonte fu la cagione e cominciamento delle maladette parti guelfa e ghibellina in Firenze, con tutto che dinanzi assai erano le sette tra’ nobili cittadini e le dette parti, per cagione delle brighe e questioni dalla Chiesa allo ’mperio; ma per la morte del detto messere Bondelmonte tutti i legnaggi de’ nobili e altri cittadini di Firenze se ne partiro, e chi tenne co’ Bondelmonti che presono la parte guelfa e furonne capo, e chi cogli Uberti che furono capo de’ Ghibellini; onde alla nostra città seguì molto di male e ruina, come innanzi farà menzione, e mai non si crede ch’abbia fine, se Idio nol termina. E bene mostra che ’l nemico dell’umana generazione per le peccata de’ Fiorentini avesse podere nell’idolo di Mars, che i Fiorentini pagani anticamente adoravano, ché a piè della sua figura si commise sì fatto micidio, onde tanto male è seguito alla città di Firenze. I maladetti nomi di parte guelfa e ghibellina si dice che·ssi criarono prima in Alamagna, per cagione che due grandi baroni di là aveano guerra insieme, e aveano ciascuno uno forte castello l’uno incontro all’altro, che l’uno avea nome Guelfo e l’altro Ghibellino, e durò tanto la guerra, che tutti gli Alamanni se ne partiro, e l’uno tenea l’una parte, e l’altro l’altra; e eziandio infino in corte di Roma ne venne la questione, e tutta la corte ne prese parte, e l’una parte si chiamava quella di Guelfo, e l’altra quella di Ghibellino: e così rimasero in Italia i detti nomi.


XXXIX


Delle case e de’ nobili che divennero Guelfi e Ghibellini in Firenze.

Per la detta divisione questi furono i legnaggi de’ nobili che a quello tempo furono e divennoro Guelfi in Firenze, contando a sesto a sesto, e simile i Ghibellini. Nel sesto d’Oltrarno furono Guelfi i Nerli gentiluomini, tutto fossero prima abitanti in Mercato vecchio, la casa de’ Giacoppi detti Rossi, non però di grande progenia d’antichità, e già cominciavano a venire possenti i Frescobaldi, i Bardi, e’ Mozzi, ma di piccolo cominciamento; Ghibellini nel sesto d’Oltrarno, de’ nobili, i conti da Gangalandi, Obbriachi, e’ Mannelli. Nel sesto di San Piero Scheraggio, i nobili che furono Guelfi, la casa de’ Pulci, i Gherardini, i Foraboschi, i Bagnesi, i Guidalotti, i Sacchetti, e’ Manieri, e quegli da Quona consorti di quegli da Volognano, i Lucardesi, i Chiermontesi, e’ Compiobesi, i Cavalcanti; ma di poco tempo erano stratti di mercatanti. Nel detto sesto furono i Ghibellini la casa degli Uberti, che ne fu capo di parte, i Fifanti, gl’Infangati, e Amidei, e quegli da Volognano, e’ Malespini, con tutto che poi per gli oltraggi degli Uberti loro vicini eglino e più altri legnaggi di San Piero Scheraggio si feciono Guelfi. Nel sesto di Borgo furono Guelfi la casa de’ Bondelmonti, e furonne capo, la casa de’ Giandonati, i Gianfigliazzi, la casa degli Scali, la casa de’ Gualterotti, e quella degl’Importuni; i Ghibellini del detto sesto, la casa degli Scolari, che furono di ceppo consorti de’ Bondelmonti, la casa de’ Iudi, quella de’ Galli, e’ Cappiardi. Nel sesto di San Brancazio furono Guelfi i Bostichi, i Tornaquinci, i Vecchietti; i Ghibellini del detto sesto furono i Lamberti, i Soldanieri, i Cipriani, i Toschi, e gli Amieri, e Palermini, e Megliorelli, e Pigli, con tutto che poi parte di loro si fecioro Guelfi. Nel sesto di porte del Duomo furono in quegli tempi di parte guelfa i Tosinghi, gli Arrigucci, gli Agli, i Sizii; i Ghibellini del detto sesto, i Barucci, i cattani da Castiglione e da Cersino, gli Agolanti, i Brunelleschi; e poi si feciono Guelfi parte di loro. Nel sesto di porte San Piero furono de’ nobili guelfi gli Adimari, i Visdomini, i Donati, i Pazzi, que’ della Bella, gli Ardinghi, e’ Tedaldi detti que’ della Vitella; e già i Cerchi cominciavano a·ssalire in istato, tutto fossono mercatanti. I Ghibellini del detto sesto, i Caponsacchi, i Lisei, gli Abati, i Tedaldini, i Giuochi, i Galigari; e molte altre schiatte d’orrevoli cittadini e popolani tennero l’uno coll’una parte e l’altro coll’altra, e si mutaro per gli tempi d’animo e di parte, che sarebbe troppa lunga matera a raccontare. E per la detta cagione si cominciaro di prima le maladette parti in Firenze; con tutto che di prima assai occultamente, pure era parte tra’ cittadini nobili, che chi amava la signoria della Chiesa e chi quella dello ’mperio, ma però inn-istato e bene del Comune tutti erano in concordia.

XL


Come fu presa la città di Dammiata per gli Cristiani, e poi perduta.

Nell’anno MCCXV papa Innocenzo celebrò generale concilio a Roma per fare passaggio oltremare al soccorso della Terrasanta, e più ordini fece, ma poco appresso morì. E l’anno MCCXVI fu fatto papa Onorio terzo nato di Roma, il quale seguì poi il detto passaggio, ove andarono molti Romani, e Italiani, e Fiorentini, e andovvi d’oltramonti Otto imperadore, e più altri baroni d’Alamagna e di Francia l’anno MCCXVIII. E assediaro la città di Dammiata in Egitto per due anni, e dopo grande danno di mortalità de’ Cristiani, che vi moriro il detto Otto e molta di sua gente, e l’anno appresso ebbono Dammiata per forza; e la ’nsegna del Comune di Firenze, il campo rosso e ’l giglio bianco, fu la prima che·ssi vide in sulle mura di Dammiata, per virtù de’ pellegrini fiorentini che furono de’ primi combattendo a vincere la terra; e ancora per ricordanza il detto gonfalone si mostra per le feste nella chiesa di San Giovanni. E vinta Dammiata per gli Cristiani, tutti i Saracini vi furono morti e presi; ma poco la tennero i Cristiani, per disensione che avenne tra·legato del papa e’ signori franceschi ch’aveno fatto il conquisto, per tale modo che l’anno di Cristo MCCXXI per assedio la rendero i Cristiani a’ Saracini, riavendo i loro pregioni.

XLI


Come i Fiorentini fecero giurare alla città tutti i contadini e si cominciò il ponte nuovo da la Carraia.

Negli anni di Cristo MCCXVIII, essendo podestà di Firenze Otto da Mandella di Milano, i Fiorentini feciono giurare tutto il contado alla signoria del Comune, che prima la maggiore parte si tenea a signoria de’ conti Guidi, e di quegli di Mangone, e di quegli di Capraia, e da Certaldo, e di più cattani che ’l s’aveano occupato per privilegi, e tali per forza degl’imperadori. E in questo anno si cominciaro a fondare le pile del ponte alla Carraia.

XLII


Come i Fiorentini presono Mortennana, e compiési il ponte nuovo detto dalla Carraia.

Negli anni di Cristo MCCXX, essendo podestà di Firenze messer Ugo del Grotto di Pisa, i Fiorentini andarono a oste sopra uno castello degli Squarcialupi che·ssi chiamava Mortennana, il quale era molto forte; ma per forza e ingegno si vinse; e quegli che per suo ingegno l’ebbe fu fatto a perpetuo franco d’ogni gravezza di Comune, e egli e’ suoi discendenti; e ’l detto castello fu tutto disfatto infino alle fondamenta. E in questo anno medesimo si compié di fare il ponte alla Carraia, il quale si chiamava il ponte Nuovo, però che allora la città di Firenze nonn-avea che due ponti, cioè il ponte Vecchio e questo detto Nuovo.