Osservazioni, progetti, e consigli risguardanti l'agricoltura nel Trentino ora Tirolo italiano/VIII

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Esame ed applicazione alla pratica di una massima economica

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ESAME,


ED APPLICAZIONE ALLA PRATICA


DI UNA MASSIMA ECONOMICA





È dottrina adottata dalla più parte di quelli che dettarono scritti intorno la nazionale prosperità: doversi nella coltura delle terre preferir sempre que' generi di prodotti che danno frutto maggiore di qualunque altro: E per misurare qual genere più o meno frutti è per loro deciso, e fissato qual regola certa che: frutto maggiore danno que' generi dalla cui vendita si ritrae più grande somma di denaro.

Noi non osiamo combattere una massima dai Dotti raccomandata. Vogliam solo avvertire i nostri Concittadini che volendo generalizzarla in pratica si può andare incontro a danni gravi, e averne tardo pentimento.

Questa massima suppone come dati certi, che il producente possa quando vuole, e n'ha bisogno convertire in denaro i suoi prodotti, e che o col [p. 32 modifica]ricavato denaro, od almeno per via di cambio sia sicuro d’avere a buon mercato quelle cose, di cui esso abbisogna. Ma chi non ha sicurezza di ambi questi vantaggi, chi non è in istato di procurarseli con facilità, può assai volte ritrovarsi in grande imbarazzo, vedere fallite le sue speranze, e invece di guadagno averne perdita grande. Ciò avviene di necessità ivi dove si manca di strade comode, e per la pochezza de’ mercadanti non vi è concorrenza.

La massima suppone che ogni producente sappia, e possa del denaro che ritrae dalla vendita del genere prezioso usare saggiamente. Ma quanti sono al mondo quelli che sappiano e possano sempre fare del danaro buon uso? La cotidiana esperienza ne insegna, che l’uomo quando ne ha teme poco di spenderne una parte in superfluo. Specialmente il povero vuole allora godere, e far godere a’ suoi, qualche momento di contentezza. Spende un poco più in cibo, in bevanda, in vestiti, in mobilie, in passatempi. Il bisogno credesi lontano, e quando giunge, la borsa è vota.

E che avverrà poi se la natura non seconda l’industria del coltivatore? se uno de’ mille accidenti che guastano ognicosa, riduce a pochissimo il frutto che se ne attendeva? Il ricco potrà supplire con altro al difetto che nasce dalla disgrazia; [p. 33 modifica]ma che farà egli il bisognoso? Noi abbiamo veduto molti imprudenti sedotti dalla lusinga di gran guadagno piangere e darsi alla disperazione perchè la intemperie, o la moltitudine degl’insetti, o l’imperizia loro, avevano frustrata l’aspettazione.

Avviene anche non di rado, che il coltivatore d’un genere per lo quale spera d’incassare molto denaro, trascura di avere prodotto dagli altri meno ricercati e preziosi, ma pur necessarii; e venendogli a mancare quello, o non potendone fare smercio, egli si trova poi vote le mani. Anche questo abbiamo noi veduto avverarsi più volte.

Noteremo per ultimo, che d’ordinario la coltura di un solo prodotto, esigendo poca fatica, o fatica di poca durata, fa che la gente si resta per lungo tempo oziosa, e abbandonasi ai vizii che tutto corrompono, e mandano a certa ruina. L’alternare continovo del lavoro preserva e uomini e donne dal massimo de’ mali, che è la immoralità. Tra noi fu osservato che, sia per questa ultima ragione, o sia per le altre dette di sopra, que’ villaggi ne’ quali, il maggiore e principale prodotto è il Vino o la Seta, sebbene da ambidue questi generi s’incassi oro molto, contano più indebitati e miserabili che altre terre egualmente popolose dove i coltivatori hanno meno denaro e più da mangiare.

[p. 34 modifica]Persuaso come sono che tutte queste osservazioni meritino l’attenzione di ogni padre di famiglia, credo che non sia cattivo consiglio il dire ai coltivatori di campagna: Potete, e dovete procurare di vantaggiarvi in ogni lecito modo; ma dovete prima di ogni cosa pensare ad aver sempre dai vostri campi di che alimentare la famiglia, e a non mancare mai di utile occupazione. Il mangiare è il primo e il maggiore bisogno di tutta la spezie umana, il travaglio preserva dai vizii, e dalla miseria.