Otto mesi nel Gran Ciacco/Parte prima/I

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IL PARANÀ «CORRIENTES»



DD
itemi se, tra le mille e una causa che determinano migliaia d’uomini ad abbandonare per estranee contrade i patrii confini e i dolci campi nativi, non è poderosissimo il desiderio di veder novità e di poter dire «io vidi» quello di cui si pasce la fantasia giovanetta o prosegue l’animo irrequieto, sotto l’impressione della lettura dei racconti delle avventure dei viaggiatori, tanto spesso chiosate, e che appariscono tanto più seducenti quanto di più lontano?

Figuratevi dunque se a me, che mi pretendo come l’uomo di Terenzio, cui non è estraneo nulla di ciò che è d’uomo, non mi sorridesse con tutte le sue lusinghe l’occasione di trabalzarmi dalla opulenta Buenos Ayres in mezzo alla società selvaggia e alla natura vergine, e di sorprendere in atto il contrasto tra la civiltà e la barbarie, tra l’arte e la natura!

Siamo dunque in cammino pel Vermiglio (Bermejo); un fiume che attraversa proprio il cuore del Gran Ciacco, il territorio per quattro quinti almeno ancora in mano degli Indiani indipendenti, e navigando su pel Rio Paranà siamo [p. 20 modifica]arrivati dopo 1500 chilometri a nord di Buenos Ayres, là dove questo fiume, facendo a levante una gran gomitata dentro la quale, presso il vertice, siede la città di Corrientes, riceve il Paraguay, che scende diritto dall’Equatore...

IL PARANÀ!


Sentite: sia pure che per i più il Paranà non possegga nessuna attrattiva solcandolo, per me mi desta grandissimo interesse. Taccio della grazia di quel che pare un canale artificiale dal Tigre al Paranà, ombreggiate le rive da fitti salici, che con la loro chioma cadente fregano i parapetti del naviglio, e di quelle case e capanne sui trampoli, per liberarle dalle inondazioni; delle isole contornate da stretti canaletti, che formano un laberinto, e della rigogliosa vegetazione di peschi di aranci, di seibi, che coprono il terreno, profumando l’aria, o allietano la vista col candido e col carminio e con la forma elegante dei loro fiori. Taccio della sensazione che prova l’animo non assuefatto all’aspetto della Pampa sconfinata, che, quasi altipiano, si estende all’occidente limitato dall’alta barranca (ripa a picco), che incassa la destra del fiume, e a quello delle isole sommergibili, che si succedono a levante, ora coperte di giuncaie ed ora di boschi di legno floscio; e dell’attenzione che vi richiama o una sinuosità della ripa, o una ondulazione del terreno, o il biancheggiare di una casa che torreggia nel monotono orizzonte. Taccio delle impressioni che la società ignota dei passeggeri che ne contorna, desta nello spirito prima disposto al sussiego e all’osservazione e poi all’abbandono e alla confidenza. E neppure vo’ dire del coricarsi del sole in rasa campagna, nè del suo levarsi, nè del rilucere notturno del satellite della terra riflesso nelle onde tremolanti e scintillanti al taglio adamantino della prora veloce. Argomenti da animi poetici, appellati gentili, se nel proprio paese, sciocchi se nell’altrui, dove sembra [p. 21 modifica]unica accettevole occupazione delle forze umane il provvedere ad assicurarsi l’aurea povertà pei tardi anni accompagnati da debolezza fisica e dall’abbandono della società umana, che non vi ha visto nascere argomenti poi che non vi occupano più, compito il giro del primo giorno e della prima notte perchè siamo giunti alla città del Rosario.

Per me il Paranà è ammirabile per l’immensa massa delle sue acque travasate nel Rio della Plata per le sue molteplici bocche, che corrispondono ad altrettanti canali, spaziosi una, due, tre volte e più del nostro Po, e navigabili anche con grossi bastimenti per centinaia di chilometri. Ammiro il suo letto vasto quanto un grande Stato d’Europa e con tante isole erbose o arborescenti, e che pure nelle grandi piene restano coperte, cambiandosi in un mare. Mi sorprende il suo corso che per 300 leghe spazia in un letto che parrebbe senza confini, se non fossero ingannevolmente presentati da isole che si succedono senza posa a destra, a manca, nel centro; e che seguita seguita, variamente accidentato, sempre grosso, sempre in qualche maniera navigabile, per altre centinaia di leghe accogliendo sulla sua destra il Paraguay, esso pure navigabile per migliaia di chilometri.

E quando paragono questo fiume immenso colle isole, che sarebber capaci per la loro estensione di mantenervi milioni di abitanti e di produrre vettovaglie per tutta Europa, e che invece giacciono inette a poter mantener la vita ad una giovenca per il soverchio delle acque che le annegano parte dell’anno. Quando lo confronto con la sterminata distesa del suo piano a occidente, che pastura, o boscaglia, o duna, o salina, la maggior porzione rifiuta per la più gran parte dell’anno una stilla d’acqua all’uomo e al bruto e alle nuove piante.

Quando so che ingordo assorbe nelle sue viscere. tutto il tesoro dei molti fiumi e torrenti che scendono dalle giogaie delle Cordigliere centrali e dei numerosi cordoni che lor stanno dinanzi, e gran porzione dei rimanenti, impedendo [p. 22 modifica]per l’eccesso opposto, la stanza a milioni di abitanti. Allora alle impressioni, direi, dei sensi, si aggiunge la preoccupazione della mente, che mentre ben spiega a se stessa il fenomeno fisico trova nel medesimo la conferma che la Natura procede per leggi non curanti di questa accidentalità delle sue manifestazioni che è l’Uomo, che pur si presume il Fine per cui tutto ciò che materialmente ha esistito ed esiste, fu ed è.

Per una metà del cammino siamo andati costeggiando la provincia di Corrientes, che ne resta sulla nostra destra, rimontando il fiume, e siamo ancorati nel porto fluviale della sua capitale, che le presta il proprio nome. Approfittiamone per dare uno sguardo rapidissimo alla città e alla provincia.

È una delle ricche tra le provincie argentine. La bagnano il Paranà e l’Uruguay, che la rinserrano per tre lati e formano porti, future città. Questi due fiumi sono navigabili quasi tutto l’anno per tutta la loro estensione correntina con bastimenti di assai tonnellaggio.

Nel suo territorio, confinante col Paraguay, col Brasile, con la Banda Orientale e con Entrerios, cresce in varie proporzioni la yerba-mate, il tabacco, la mandioca, la canna da zucchero, le granaglie, e vi pascolano cinque milioni di bestie vaccine. Nel suo interno si trovano grandi lagune fra cui quella immensa e favoleggiata di Iberà, dalla quale per tre opposti lati si versano le acque nei due fiumi menzionati. L’arricchiscono nell’estremo nord folte foreste di piante svariate, che si fanno sempre più piccole, più rade e più rare verso il sud, dove le forma quasi esclusivo il nandubay, dell’altezza al più di due metri e cinquanta centimetri, ottimo per pali da recingere campi, e stabbii, e giardini, oggetto di grande esportazione per tutta la Repubblica e fuori; e gli succedono sulle sponde dei fiumi e pelle isole legna floscie di salcio, di scibo e d’altri.

L’abitano un cento cinquanta mila abitanti, forse un quinto bianchi, il resto Indiani che furono Guarany di cui la lingua si parla ancora da tutti, oltre lo spagnuolo inteso dai più, [p. 23 modifica]imbastardita però e non solo nei vocaboli, ma, e più ancora, nella costruzione, che forma il carattere della lingua; complicatissima la costruzione in modo che non fu potuta o saputa apprendere dai missionarii.

Eppure sarebbe tanto bene che qualche filologo ne proseguisse lo studio con amore, estendendolo alla lingua chicciua del Perù, che o si toccava essa o non ne era separata che dai pattoà parlati dagli Indiani del Ciacco, e poi possibilmente al messicano, che con le altre due abbracciava nella barbarie la parte civile di America tutta. E questo studio lo facesse comparato tra le tre lingue e con le altre asiatiche, da cui derivano le ora parlate nel mondo civile.

Qual vantaggio per la scienza del linguaggio e quale onore pel suo studioso!

Il clima è molto caldo nell’estate; mitissimo nell’inverno.

Piove specialmente nell’autunno e frequentemente nell’estate, e non è isterilita la fecondità del suolo dalle siccità prolungate per otto e dieci mesi quali si hanno nel centro e nel nord della Repubblica.

Per questo rispetto e per la natura del terreno credo la provincia di Corrientes la più suscettibile delle applicazioni agrarie e, per i suoi fiumi, di un grande sviluppo. A ciò tende una legge di terre pubbliche, che vige fino dal 1869, elaborata dal dottor Justo che poi fu governatore nel 1872, uomo eminente nel partito nacionalista. Secondo questa legge i terreni divisi in quattro zone, e queste suddivise, sono venduti con pagamento dentro dieci anni a rate uguali annue senza interesse sulle rimanenti, e con lo sconto del cinque per cento sulle anticipate. Se il compratore è moroso, per sei mesi paga l’interesse del cinque per cento, dopo, se dura, si dichiara rescisso il contratto e si restituiscono al compratore decaduto le rate pagate meno l’otto per cento.

La equità di questa legge fa molta impressione. Ne sono stati raccolti molti frutti pei particolari, molte risorse per il governo e ne è venuta la crescente prosperità del paese. [p. 24 modifica]

Ma per l’immigrante povero, o per lo speculatore su vasta scala, dà difficoltà a un felice tentativo l’alto prezzo dei terreni che meritano da due a quattro mila patacconi la lega, seppure non ottiene concessioni speciali dal Governo.

La capitale, Corrientes, è una città porto sul Paranà, a poche leghe dalla confluenza del Paraguay e a circa trecento da Buenos Ayres. È in una piaggia ondulata, elevata sul livello del fiume dove termina con una barranca formata da un tufo arenoso in formazione, che qui chiamano tosca, soprastante pare a uno schisto lamellare argilloso e ad argilla: terreno falso perciò. Ha strade disposte a squadra tra loro con case non allineate spesso, e spesso precedute di un portico, molte con tetto di tronco di palma leggerissimo e duraturo.

Quest’insieme e l’ondulazione del suolo toglie alla città molto della monotonia delle altre. Non manca di case cadenti e di altre relativamente antiche e di qualche avanzo di edifizi che furono; e ciò le dà quasi un aspetto di rispettabilità per vecchiezza, che non dispiace allo straniero di cui la patria rinserra una memoria storica in ogni edifizio vetusto.

Ha un Collegio nazionale e un Club sociale: la riunione che vi trovai mi fece supporre assai numerosa la classe colta.

Ha un mercato, cioè una piazza dove se ne stanno accoccolate le correntine vendendo aranci, mandioca, banani, tabacco, sego, torte, sapone; fumando grossi sigari mal fatti che si sfogliano, imbacuccate nello scialletto che scuopre il seno quasi sempre nudo fino alla cintola, specialmente nell’estate; bruttissime la maggior parte, eppur osano provocare! Parlo delle mercatine.

Nel mezzo della piazza è un baraccone dove si vende da uomini la carne; presto vi sorgerà in suo luogo un mercato in tutta regola.

Al porto approdano gli Indiani del Ciacco, che sta di fronte, nei loro canòa remati dalle donne. Fra gli Indiani, le donne sono quelle che lavorano: e così è tra gli inferiori Paraguaiani: benchè al Paraguay vi sieno anche obbligate per lo sperpero [p. 25 modifica]degli abitanti maschi prodottosi con la guerra civilizzatrice degli alleati! Quasi tutte brutte le Indiane; repugnanti i maschi; sudici tutti. Alla presenza di chiunque schiacciano sul loro stomaco gli insetti che non so se infestino o arricchiscano la loro cervice coperta di crini arruffati; laido costume ancora degli abitanti di Santiago e paesi limitrofi.

Gli Indiani che frequentano porto sono Sinipies, Guaicurù e Tobas, questi ultimi feroci che vivono in tribù fino assai addentro lungo le rive del Bermejo.

Corrientes si dovrebbe chiamare S. Juan de las siete Corrientes.