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ch’era in Eretria composto di quegli che militavano a cavallo, Diagora lo rovinò, essendo stato offeso per via di parentado. E la sedizione che nacque in Eraclea, fu per cagione d’una sentenza data in giudizio. E quella che nacque in Tebe, fu per cagione d’uno adulterio. E fu ben fatta a ragione l’una e l’altra, ma scandolosamente fu vendicata da quei di Eraclea, dico, contro a Eutione1, e da quei di Tebe contra a Archia, perchè gli inimici volsono che l’uno e l’altro fussino legati in piazza al tormento detto Cifone2. Molti stati di pochi ancora furono rovinati da chi nello stato non poteva sopportare tanta superbia di quei che governavano, come fu quello in Gnido, e in Scio3. Intervengono ancora queste mutazioni dal caso e di questi stati, dico, e di quegli che sono chiamati republiche, adunche si conviene ai consigli e ai giudizî per via del censo, e dove per questa via medesima si danno gli altri magistrati. Imperocchè molte volte il censo, che è da prima ordinato, sta bene ai presenti tempi, di maniera che nello stato dei pochi, pochi vi sono partecipi. E nella republica li cittadini mediocri4. Ma quando poi intervenuta quivi maggiore abbondanza per via di pace, e di fortuna prospera occorre che le valute de’ beni sien cresciute in più doppî, conseguita che tutti li cittadini vi possono partecipare dello stato. E tale mutazione viene alcuna volta per l’aggiunta, che si fa a poco a poco, che altrui non se ne accorge, e alcuna volta si fa presto.
Gli stati dei pochi adunche si mutano per le cagioni dette. Insomma gli stati popolari e gli stati dei pochi potenti trapassano alcuna volta non negli stati contrarî, ma in quegli che sono della medesima sorte. Verbigrazia da’ legittimi stati popolari, e stretti nei signorili, e da questi in quegli.