Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/215

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atto primo 207

          amando e di giá tanti spesi giorni
          ne’ tuoi servigi render qualche cambio,
          mostrami tutto in questo; e fammi grazia
          d’una parola.
          Fronesia  Ve’ che bella predica!
          Cosa appunto da lui, oh! far l’amore
          a una pignata e voler convertirla
          con si belle parole!
          Filocrate  Aimè! che in vano
          prego un sasso, una tigre e mi querelo.
          Altronde porti i miei lamenti il vento;
          ch’io mi risolvo al tutto di cangiarmi
          di sentimento, poi che piace al cielo.
          La prima non è giá, ma ben fia forse
          l’ultima. Si, che ancor ne piangerai!
          Fronesia  Oh! Sta’, che si scorruccia. Voglio andare,
          ch’io creperei. Tratterrò in tanto Lucia,
          che non venisse a sorte a la fenestra
          e guastasse la torta. Oh! co! co! co!
          Filocrate  Abbi speranza in donne! abbi in lor fede!
          credeli il paternostro! Ahi reo costume!
          Chi tanto ha posto in voi di falso e vano?
          tanto di crudo, iniquo, acerbo ed empio?
          Chi vi ci fa suggetti£,Ma che! Forse
          la sorte mia, perché non peni sempre,
          sempre non mi ritrovi in quello errore
          in che ora sono e perché n’esca un tratto,
          si mi governa. Assai mi fia acquistato,
          questa sera, d’aver l’empia natura
          cognosciuto di voi. Prometto a Dio,
          per l’avenir, come foco e veleno
          e mortai peste, di fuggirvi sempre.^.
          Troppo era lieto de la mia fortuna
          che, sovr’ogni altra cosa desiata,
          ti m’avea dato. Ma cognosco or chiaro
          che tutto era a la mia futura vita