Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/233

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atto secondo 225

          onde mi colse ben, che è gran ventura
          ch’io ne sia ritornata senza offesa.
          Ma ancor, per questo, non aver pensieri;
          che, anco che crepi, le vo’ trar del capo
          la bizzarria.
          Crisaulo  Ben l’avev’io pensato:
          che la cognosco per la piú crudele,
          la piú ingrata e scortese che nascesse
          mai sotto il cielo. Ahi lasso sfortunato!
          Questo è ’l buon guidardon di tanta fede?
          Dch non foss’io mai nato!
          Artemona  Taci, dico.
          Ascolta.
          Crisaulo  Si, s’io posso: ch’io mi sento
          mancar l’anima dentro. Ma che ria?
          Dopo tanta miseria, al fine, un giorno
          verrá pur lieto e, dopo tante morti,
          una che mi trarrá di questi affanni.
          Questo s’acquista.
          Artemona  E va’; riserba altrove
          tanta disperazion: che, se sapessi
          il lor cervello come è dentro fatto,
          com’io so giá per mille, non potresti
          se non sperar. Ti giuro, sopra questa
          anima peccatrice, ch’io la tengo
          piú sicura che s’io l’avessi in casa.
          v Che, a dire il vero, non è cosa al mondo
          si varia e ad ogni vento tanto mobile
          quanto è la mente lor.^ Nulla è si stabile
          in lor che non si muti poi col tempo
          e con ingegno ed arte./
          Crisaulo  Io ben lo provo.
          Orsú! Vo’ che mi dica che ti pare
          che abbiamo a fare; e cosí governarmi,
          se per me si potrá.
          Artemona  Non ho tempo ora,
          Commedie del Cinquecento - 1. 15