Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/297

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atto quinto 289

          onde mi entrò paura; e m’appiattai
          e poi venni correndo in fin qua giú,
          che non mi son fermato.
          Fileno Se non fosse
          per non far qui romor, ti caverei
          quell’arme tutte e ti concerei in modo
          che ti ricorderesti, manigoldo,
          sempre di questa sera.
          Timaro Orsú! Sta’ fermo;
          lasciami star. Lo saperá il padron, vch!
          Eccolo.
          Fileno Corri lá! Tien quella scala.
          Buon prò ti faccia.
          Crisaulo Pian! Senza romore.
          Timaro, va’, corri ora e trova Artemona.
          Dalle questa collana; e sappia dirle
          ch’io glie la mando perché da lei intenda
          almen parte di mia sorte felice
          a cui si truova esser stata presente.
          Chi è piú contento al mondo?
          Fileno È ben passata.
          Saranno pur finiti tanti pianti.
          Sempre ho sperato; ch’io sapeva bene
          quanto possa in noi l’oro che le porte
          che fosser di diamante rompe e spezza.
          Pensa che ci può il cor d’una donzella!
          Con questo ci ha insegnato vincer Giove
          la castitá e l’onor, se fosse in carne.
          Di’ : come andò?
          Crisaulo Dch! non mi molestare,
          che di dolcezza il cor mi si diparte.
          Poi, un’altra volta.