Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/316

Da Wikisource.
308 i tre tiranni

          ch’in duo sol giorni era giá fatto tale
          ch’ora mi pare uscir di sepultura
          e tornar vivo. E sarei morto, certo,
          se non me ne campava la speranza
          di tornare ove fosse e fare in modo
          ch’ambo siam prima d’está salma scossi
          che lontani o divisi; in fin che ’l cielo,
          che ci ha congiunti, ne divida e sparta.
          Dica pur quanto vuol ciascun; che, al fine,
          è pazzo quel che ne’ propri interessi,
          per viver sol sotto costumi e usanze,
          se ne governa come piace altrui.
          Usciremo or d’affanno.
          Pilastrino  Tocca forte,
          che non posson sentir.
          Calonide  Va’. Guarda a l’uscio,
          Fronesia  E tu vatti governa, Lucia,
          con i panni ordinari; che Crisaulo
          oggi verrá come ancor venne ieri.
          Forse non piace a Dio. Qualcun de’ suoi
          l’avrá tenuto.
          Fronesia  Apri, apri; è lui; è Crisaulo
          con molta gente. Oh che felice giorno!
          Lucia, torna di qua.
          Calonide  Di’ ’l vero? È desso?
          Èvvi il mio Girifalco? Andiamgli incontra.
          Suonisi ogni strumento e facciam festa.
          Abbraccia il tuo Crisaulo. O Girifalco,
          non v’aspettava piú. Ringrazio Iddio
          ch’in si poco ha condotto ad un bel fine
          si onesta impresa.
          Girifalco  Ed io ringrazio prima
          il cielo e poi voi duo che a la mia vita
          dato avete soccorso; che non era
          possibil che durasse piú dieci anni.
          Or son felice, al mondo.