Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/233

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atto primo 221

Petrus Aretinus editae in luce per documento della insolente et muliebre iuventudine; e trovarai i cortigiani esser lo piú pravo e diabolico genus hominum che sia in toto orbe. Et, posto che fosse aliter, quod non est, quel contra naturam è pur cosa da submergere Roma, olim caput mundi.

Valerio. Anzi, tutto ’l mondo insieme.

Pedante. Ergo «disce bonas artes, moneo, romana iuventus », lo ingenioso Nasone. Aliter, actum est.

Valerio. Costui è un gran pedante.

Pedante. Onde ben disse il lipido e laureato Francisco Petrarca poeta florentinus nel principio d’una sua tersa cantilena: «Roma, quamvis il mio parlar sia indarno».

Flamminio. Domine, parmi che dica «Italia», non «Roma».

Pedante. «Roma» vuol dire.

Flamminio. Il comento dice «Italia».

Pedante. Forsi che tu non hai veduto quello che ha elaborato lo acume del mio ingegno.

Flamminio. Questo è vero. Ma quel «quamvis» non è parola fiorentina.

Pedante. Ella è latina, che importa piú.

Valerio. Messer, la venuta vostra non sará senza mio utile rispetto alla profonditá del vostro penetrativo sapere; e vorrei che mi chiariste d’un dubio.

Pedante. Libenter, per far piacer a Flamminio; subintelligitur, son contento.

Valerio. Vi ringrazio.

Pedante. Di che genere è questo dubbio?

Valerio. «Cuium pecus» è per lettera o per volgare?

Pedante. È per lettera; e fu cantato da quel mantuano che modulò «Tytire tu patulae». Ah! ah! Racca.

Valerio. Che diavolo è questo «racca»? Deve esser parola ebraica.

Pedante. Imo, latinissima. Da «ridendis», ut racca. Io rido alla antica.

Valerio. Ab! ah! ah!

Flamminio. Ah! ah! ah!