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250 il ragazzo


SCENA III

Spagnuolo solo.

Coloro se ne sono andati ed io rimango. E, come dice il nostro spagnuolo, «el corazon está sin fuerza y el alma sin poder y el iuyzio sin memoria». Perché, da una parte, le promesse sono grandi, il tempo nel quale esse s’abbino a fornire è appresso e chi mi può servire è posto all’opera. Dall’altra parte, io temo e parmi che non so che maligno spirito mi dica: — Tu non verrai mai a buon fine del tuo amore. — Ma sento aprir l’uscio della signora mia. Io prendo questa strada che conduce a Monte Giordano; né per ciò mi discosto molto.

SCENA IV

Messer Cesare, Valerio.

Messer Cesare. Non pensi tu che io sappi quello che m’è di vergogna e quello che m’è d’onore, bufolo?

Valerio. Basta. Fate voi.

Messer Cesare. Bisogna Livia che m’aiti; altramente, non si può far co velie.

Valerio. So ben che avete un sottile avedimento.

Messer Cesare. Lo puoi credere.

Valerio. Anzi, io il so.

Messer Cesare. Non ti pare che io abbia la piú bella amorosa che sia al mondo?

Valerio. Ed in Maremma ancora.

Messer Cesare. Non istimi, adunque, se ella è tale, che io abbia giusta cagione di chiamarmi venturatissimo?

Valerio. Messer si.

Messer Cesare. Tu parli pur come parlo io, a questa volta; e pure ora mi riprendevi.

Valerio. Chi vuol piacervi bisogna che parli a modo vostro.