Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/281

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atto quarto 269

Se ne faranno comedie. Dch! Perché volse la disgrazia mia che io non mi trovassi spada o pugnale allato? che forse arei riparato a questo male e lasciatomi prima tagliare a pezzi che consentito che ella se ne fosse ita. Ma, non avendo con che de fendermi, convenne che io dessi luogo alla furia e che io mi fuggissi.

Belcolore. Affé, che gran compassione mi facea quel povero giovane!

Valerio. Oh sventurata madre! Te morrai di subito, come saprai questa nuova.

Belcolore. Chi non arebbe avuto compassione, vedendo come tutti tre gli corsero a dosso con gli pugnali in mano dicendo: — O questa sará tua moglie o noi ti scannaremo? — Valerio. Chi è colei che ragiona qui dietro? Non me n’era accorto: è la Belcolore.

Belcolore. Conoscimi tu?

Valerio. Belcolore, che novelle rechi di Flamminio? come è ita la cosa? Qualche male ancora io sospetto da questa parte.

Belcolore. Se Dio mi ti faccia piú piacevole di quello che tu mi sei stato fin qui, assai bene. Ma ti so dire che egli l’ha avuta da do vero.

Valerio. Che?

Belcolore. L’angoscia.

Valerio. E come?

Belcolore. Diròlloti. Poi che il figliuolo del tuo padrone fu in casa della signora mia, mentre che egli si stava in certa camera a parlamento con Livia, si come era stato ordinato di prima, sopra venne in quel luogo il fratello della mia padrona insieme con un suo figliuolo e un cugino pur di lei: i quali, mostrando d’esservi andati a caso, trovando il giovane con Livia, gli corsero a dosso con le armi in su la gola; e, con dire: — O tu la torrai o sarai morto, — lo indussero a far ciò che volevano.

Valerio. Buono! Per forza, adunque?

Belcolore. O per forza o per bontade, ella è sua moglie.

Valerio. Chi l’introdusse in casa?