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Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/384

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372 i bernardi

          se avete da far. Ma senza causa
          non ve ne ricercava io. Sapendolo,
          vo’ mi sodisfaceate con piccola
          cosa.
          Cambio. Altro debbi voler.
          Piro. Deh! Ve’ asino,
          vecchio poltrone!
          Cambio. E tu chi se’ che tanto
          cerchi saper chi son gli altri?
          Bernardo. Da Genova
          sono; e ’l mio nome è Bernardo Spinola.
          Forse ch’i’fo pregarmi?
          Cambio. Tant’avessi tu
          fiato, uccellaccio, che Bernardo Spinola
          non sei tu! Ma ben per certo credomi
          che sia un tristo come lui. Ed avveggiomi,
          ora, per qual cagion con tanta instanzia
          domandasti chi era colui. Vedi
          che troppo ben feci pur a non dirtelo!
          Bernardo. Vecchio, i’ non vo’ con voi entrar in collora;
          perch’i’ veggio che qualche passion d’animo
          vi fa cosí parlar e, piú ch’el solito,
          forse, esser discortese. Ma, se Dio
          m’aiuti, i’, certo, son Bernardo Spinola
          genovese, che, fa tre di, venuto
          sono da Roma.
          Cambio. I’ so ben che Bernardo
          è tornato e che in Firenze trovasi.
          Ma tu non sei quel giá, tu; che promettoti
          che, se tu fussi, mi bastare’ l’animo,
          come mi vedi, di cavarti un occhio
          con questo dito.
          Piro. Adagio! E’ non rimettono.
          Bernardo. V’ha forse fatto qualche grande ingiuria
          questo Bernardo? poi che si fatt’animo
          gli avete contro.