Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/405

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atto querto 393

          Girolamo.  Che gli è un pessimo
          assassino e un baro; ch’attribuiscesi
          il nome del mio figliuolo che uccisomi
          ha.
          Bernardo.  Che mi dite voi? Non vo’ rispondere
          come meriteresti; ma sol dicovi
          che io son udoi da ben.
          Messer Rimedio.  Non puoi essere
          uomo da bene, se attribuisciti
          il nome d’altri.
          Bernardo.  Come attribuiscomi
          il nome d’altri? Io dico che son Giulio ^
          Fortuna, da Palermo, e di Girolamo
          figliuolo.
          Girolamo.  Mio figliuol non sei tu.
          Bernardo.  Sommelo,
          cotesto, perché tu non se’ Girolamo
          Fortuna.
          Girolamo.  Cosí non fuss’io, povero
          me!
          Bernardo.  E ben pover! Guarda se sa fingere!
          Come se, altra volta, non avessimi
          parlato e detto che eri da Trapani!
          Ma tu non mi trapanerai.
          Girolamo.  Io dissilo,
          si, ma per iscoprir me’ le tuo’ trappole.
          Bernardo.  Trappole son le tua.
          Messer Rimedio.  Io dubito
          ch’e’ non sien duo ribaldi.
          Bernardo.  Questa giovane
          chiarirá il tutto; che, se sei Girolamo,
          saresti ’l padre suo.
          Messer Rimedio.  Riconoscetela
          voi, Girolamo? Guardate.
          Bernardo.  Si; guardala
          bene.