non dovette lasciarti il vero intendere.
So come tu se’ fatto. Fazio. Or vien qua, Noferi.
S’almen i mie’ danar di Roma fussero
in esser, come vuo’ dir... Noferi.Di ciò startene
sopra di me. Fazio. ... i’ mi lascerò svolgere. Noferi.Vo’ che lo facci, Fazio; ch’i’ promettoti
che gli ha in borsa. Fazio. Chi? Noferi.Giulio, el tuo giovane
che chiamavi Bernardo. E conterátteli
tutti. Fazio. Iddio sa se son que’ propri
che ora in casa avea; che tolto m’abbia,
si come tien per certo Cambio Ruffoli,
con sua diavolerie. Noferi.Che? Siete bestie
amenduoi, a dirti il vero, a credere
si fatte cose. Ma, per trarti il dubbio,
ti vo’ ancor dir piú lá. Se tu accorditi
a questo parentado amorevolemente,
come tu debbi, anco que’ propri
danar ch’avevi in casa ria possibile
riveggia in viso; con questo: che ridere
ne debba, perché l’è cosa piacevole. Fazio. Dimmi chi me gli ha tolti; ed io promettoti
di far ciò che tu vuoi e perdonargnene,
sia chi si vuole. Noferi.El prometti? Fazio. Promettolo. Noferi.Orsú! l’tei vo’ dire. Gli è stato Albizo. Fazio. Albizo? Oh! Come fece? Noferi.Era in camera,
quando gli riponesti.