Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/448

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436 i bernardi

          Fazio.  Oh! Io non veddilo.
          Noferi.  E’ v’era pure. E non per altra causa,
          gli tolse, se non acciò che e’ fussero
          un mezzo a farti a tal cosa conscendere.
          E vuo’lo tu veder? che, come giovane
          da ben che gli è, mi venne a trovar subito
          e contòmi ogni cosa.
          Fazio. Io perdonogli,
          poich’i’ te l’ho promesso; ed anco accordomi
          a questo parentado.
          Noferi.  Ora comendoti,
          che tu fa’, Fazio, una cosa lodevole
          da ognun che ’l saprá. Prima, l’è nobile,
          l’ha buona dote, allevata benissimo
          (e di questo ne son buon testimonio
          io); ed è sorella di quel giovane
          che t’ha servito fedelmente dodici
          anni, al quale io, per aprirmiti
          intrafatto, ho data la Emilia
          mia.
          Fazio.  Si, eh?
          Noferi.  Tu ha’ inteso.
          Fazio.  Profizio!
          Noferi.  Ed a far questo m’han mosso tre cause:
          la prima, ch’i’avea detto a l’Emilia
          lei esser maritata; e secondariamente,
          che egli avea di lei grandissima
          voglia, che n’era innamorato, e chiesela;
          terza, ch’i’truovo che gli ha una rendita
          di secento fiorin, come per agio
          intenderai.
          Fazio.  Tu ha’ fatto benissimo.
          Noferi.  E tu ancora.
          Fazio.  Io ne son lietissimo.
          Non piú parole. Tu può’trovar Albizo;
          e dir che venga a trovarmi e non dubiti.