Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
atto quinto | 437 |
Noferi. Farollo. Ma ecco qua a punto ’l mio genero,
il quale ha nome Giulio (e cosí chiamalo
per lo avvenire); e Bernardo Spinola
è seco. Or ci manca sol Girolamo,
il padre suo, che con messer Rimedio
lasciai, poco è. E’ ci han veduti e vengono
a noi.
Fazio. Aspettiamli.
Noferi. È ragionevole:
e che con lor ti scusi dello scandalo
che, per errore, è stato per nascere;
e delle parole ingiuriose ch’andarono
a torno.
Fazio. I’ lo farò: non dubitare.
Noferi. Si: duo parole simili non costano.
SCENA XIII
Giulio detto Bernardo, Bernardo Spinola,
Fazio, Noferi vecchi.
Giulio. Or vegg’io la cagion perché e’ dissemi
villania. Gli avea ragion. Perdonogli
ogni cosa; ch’e’ danar troppo dolgono,
massimamente a un vecchio. Ma eccolo
qua, con Noferi.
Bernardo. Giulio, i’ho ancor collera
con lui.
Giulio. Vo’ che la lasci, che tuo suocero
voglio ch’e’ sia ancor, un di.
Bernardo. O Giulio,
Die ’l volessi!
Giulio. Ne son per far ogni opera;
che, essendo contento io, or desidero
che sia contento anco tu.
Bernardo. Or facciamoci