Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/60

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48 l’amor costante

Però fa’ tu quel che hai da fare e di questo lassa il pensiero a me. Ma dove dirizzerem noi il camino?

Ferrante. Di questo ci pensarem poi. E, perché tu sappi ogni cosa, oggi è quel giorno ch’io ho da córre quel dolce frutto di quel tanto bramato giardino, quella preziosa rosa del piú desiderato orto che fusse mai: perché m’ha promesso Ginevra di darmi oggi, s’ella ara tempo, el fiore della sua verginitá. O giorno divinissimo, quanto bene m’hai preparato!

Corsetto. Saviamente farete acciò che non v’intervenga come l’altra volta.

Ferrante. Orsú! Non perdiam tempo, Corsetto. Va’ ordina quanto hai da fare.

Corsetto. Pigliarò la via di qua per esser piú corta.

Ferrante. Corsetto, tu sai; mi ti raccomando.

Corsetto. Basta.

SCENA IV

Ferrante solo.

Sará buon ch ’ancor io mi spedisca innanzi ch’io desini acciò che, doppo, io possa esser tutto di Ginevra. Voglio ire a comprare un giacco. Addio. Non dite niente. Voi sapete quanto gí’importa.

SCENA V

Vergilio e Marchetto servi.

Vergilio. Dunque pensi, Marchetto, che messer Giannino si possa disperare che Lucrezia si pieghi mai, ch?

Marchetto. Io lo tengo per fermo.

Vergilio. La collana dov’è?

Marchetto. Eccola.

Vergilio. Lucrezia viddela?