Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/203

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la falsa, vana, oziosa, superba, ingrata, profana, impia e diabolica, la quale serve a nutrire l’inerzie. E quanti sono, i quali, dove nel secolo con affaticarsi stentavano, ora nelle religioni, dove hanno fatto voto di povertá, stando in ozio, trionfano e si gloriano della povertá, dicendo che, se bene il convento è ricco, che loro sono poveri, per non avere in particulare? Adunque, secondo loro, il convento si dannará, per essere ricco, ma non essi. Ma come potrá dannarsi il convento, che non è altro che la comunitá de’ frati, e non essi? Imo, si come non è possibile ch’el convento sia disonesto e non i monaci, cosí è impossibile ch’el convento sia ricco e i monaci poveri. Spende l’abbate a posta sua e riccamente, e dice che è povero. Oh ! non può essere povertá, se l’uso è ricco. Alcuni altri credono essere poveri, per non toccare denari ; ma ben sai che tengono i procuratori da’ signori, che spendono per loro e secondo che vogliono. Gli servono senz’essere utili al prossimo, imo disutili. Pigliano da tutti, senza rendere altro che acqua benedetta, incenso e canti. Ma preghiamo Cristo che gli dia lume del vero e gli facci sentire la gran bontá di Dio, acciocché, essendo veramente poveri, rendino a Dio ogni onore e gloria, per Giesú Cristo Signor nostro. Amen.