Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/39

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risguarda sempre con volto placidissimo, e *i regge e difende come carissimi figliuoli, e alla fine gli donerá la ereditá del mondo, facendoli conformi alla gloriosa immagine di Cristo. Questi incitamenti amorosi sono quelli che movono i veri cristiani alle bone opere, i quali, considerando che sono diventati per la fede figliuoli di Dio e partecipi della natura divina, sono incitati dallo Spirito santo, che abita essi, a vivere come si conviene a figliuoli di un tanto Signore, e si vergognano di non servare il decoro della loro celeste nobiltá, e però mettono ogni studio nella imitazione del loro primogenito fratello lesti Cristo, vivendo in somma umiltá e mansuetudine, cercando in ogni cosa la gloria di Dio, ponendo l’anima per gli fratelli, facendo bene alli nemici, gloriandosi nelle ignominie e nella croce del nostro Signore lesti Cristo. E dicono con Zaccaria: «Noi siamo liberati dalle mani dei nostri nemici, acciocché senza timore serviamo a Dio in santitá e in giustizia nel conspetto di lui tutti i giorni della vita nostra». Dicono con san Paulo: «La grazia del Signore è apparita, acciocché, annegata ogni impietá e i mondani disii, con sobrietá, santitá e pietá viviamo in questo secolo, aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del grande Iddio e salvatore». Questi e altri simili pensieri e desidèri e affetti opera la fede inspirata nelli animi de’ suoi giustificati, e chi non sente nel suo cuore in tutto o in parte questi divini affetti e effetti, ma è debito alla carne e al mondo, tenga per fermo ch’egli non ha ancora la fede che giustifica, né è membro di Cristo, perché non ha lo spirito di Cristo, e per conseguente non è di Cristo; e chi non è di Cristo non è cristiano. Adunque cessi ormai la prudenzia umana dall’oppugnare la giustizia della santissima fede, e diamo tutta la gloria della nostra giustificazione ai meriti di Cristo, del qual ci vestiamo per la fede. Riformatori italiani del Cinquecento - i. 3