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altri fedeli sparsi per tutte le parti dell’Oriente, e giá per tanti
secoli divisi dal commerzio della Chiesa latina. Per la qual cosa
si può vedere e toccar con mano quanto sia grande la superbia
e la temeritá di coloro, ch’ardiscono d’impugnare la realitá del
corpo e del sangue di Cristo nell’Eucaristia e l’oblazion d’essa.
Benché avete a sapere che gli avversari appongono in questa
materia alla Chiesa universale delle cose che sono mere calunnie,
come sarebbe a dir che la messa vaglia «ex opere operato sacerdoti ; s tantum ad remissionem peccaiorum ; la qual cosa non crede
né dice la chiesa universale, come dimostrano gli autori, che
vedrete, e come afferma eziando il Cardinal Contareno nel libro
De’ sacramenti, accusando gli avversari «quod nobis falso attribuant nefanda illa, missarn scilicet esse sacrijícium ex opere operato saccrdotis, quo veluti aemulo sacrifica Chris/i sacerdos ncbis
mereatur remissionem peccaiorum». La qual cosa afferma non
ritrovarsi mai detta da alcuno autore né antico né moderno in
questo senso, e soggiunge:
Quid piar a? Nonne in canone ipsius missae dicitnus: «Suscipe,
sancta Trinitas, hanc oblationem, guani libi offerimus ob memoriam
passionis, resurrectionis et ascensionis lesti Christi Domini nostri.
Itetn hoc facile in meam commemorationem, unde et nos, servi tui,
memores venerandae passionis Christi, offerimusgue corpus eiusdem
et sanguinerá, per quod unum sacrijícium reconciliati sutnus Deo».
Ma certamente, come dice il medesimo, «unusquisque per
se facile existimare potcst, cuius pudoris sii antiquissimum
morem totius Ecclesiae propria auctoritate mutare». E, se il tale
o il tale abusa la messa per ignoranza o per malizia, non
per questo ella e la Chiesa si devono condannare; perché
parimenti potrebbono condannare l’orazione del Signore, conciossiacosaché molti abusano. Or vedete quanto siano peggiori de’ mali maestri molti discepoli. È cosa manifesta che ’l
Bucero è stato uno de’ principali impugnatori del Sacramento
dell’altare, e per giudicio di molti ha nociuto piú del Zuinglio;
nondimeno egli da poi, conosciuto il suo errore, s’è ritratto, e
negli atti del colloquio ratisponense, stampati in Argentina,