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vii - cecco angiolieri 95

LXIV

Non vorrebbe però a nessun patto rinnamorarsi di Becchina.

Seti i’ fossi costretto di pigliare
tra d’essere ’n inferno o ’nnamorato,
sed i’ non mi pugnasse a consigliare,
4unque Dio non perdoni ’l mi’ peccato;
per ch’i’ non posso creder né pensare
che sia neun dolor addolorato
maggio, ch’i’ ho sofferto per amare
8quella, che ni’ ha d’Amor si spaurato.
Ma, s’io prentlessi di rinnamorarmi,
in questo modo mi v’accordarci:
11ell’Amor dovesse ’n prima sicurarmi
di quella, che m’ha mort’anni fa sei,
che non dovesse su’ pregio tornarmi;
14se non, lo ’nfern’ a gran boce cherrei.

LXV

E ricorda ancora quanto ella lo fece patire con le sue infedeltá.

Qual uomo vuol purgar le sue peccata,
sed e’ n’avesse quanti n’ebbe Giuda,
faccia pur si, cheti egli abbia una druda,
4la qual sia d’un altr’uomo ’nnamorata.
Se non gli secca ’l cuor e la curata,
mostrandosi di lui cotanto cruda,
ell’e’mi sia dato d’una spada gnuda,
8che pur allotta allotta sia arrotata.
Potrebbono giá dir: —Tu come’l sai? —
I’ii rispondarei che l’ho provato,
11ché per la mia sciagura una n’amai,
la qual ha il cor ti’un altro si piagato,
che mi facea trar piú rata e piú guai,
14clic non fa Tuoni quand’è verrucolato.