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vii - cecco angiolieri | 97 |
LXVIII
O almeno cerca di non appassionarsi troppo.
I’ sono innamorato, ma non tanto,
che non men passi ben leggeramente;
di ciò mi lodo e tègnomi valente,
4ch’a l’Araor non so’ dato tutto quanto.
E’ basta ben se per lui gioco e canto,
e amo e serveria chi gli è servente:
ogni soperchio vai quanto niente,
8e ciò non regna en me, ben mi do vanto.
Però non pensi donna, che sia nata,
che Paini ligio com’i’veggio molti,
11sia quanto voglia bella e delicata.
Ché troppo amare fa gli omini stolti;
però non vo’ tener cotal usata,
14che cangia ’l cor e divisa gli volti.
LXIX
Tanto piú, che sempre gli tocca di trovare delle donne fredde in amore.
Caro mi costa la malinconia,
ché, per fuggirla, son renduto a fare
l’arte disgraziata de Pusurare,
4la qual consuma la persona mia.
E ancor ci ha una maggior ricadia:
che sempre mi convène innamorare
di tal, che tanto s’intende d’amare,
8quanto Min Zeppa de l’astorlomia.
Ch’i’ n’aggio amate parecchie parecchie,
ch’assa’piú fredde d’amor l’ho trovate,
11che s’elle fosser di cent’anni vecchie.
Ed or n’amo una di bellezze tante,
che ben mi sian tagliate ambo l’orecchie,
14s’ella potesse far pepe di state.