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vii - cecco angiolieri | 115 |
CIV
Scelga almeno la Morte tra lui e suo padre.
Morte, merzé, se mi’prego t’è’n grato,
che tu prend’un partito comunale;
e, s’io non l’ho per ben, e non per male,
4pur che tu prendi, facci diviato
ch’i’tante volte sia manganeggiato,
quant’ha Grosseto granella di sale;
e ’l partito, ch’i’ti do, si è cotale,
8o che t’uccidi me o lo’ncoiato.
Ch’i’non ne poss’andar altro, che bene:
che, se t’uccidi me, i’ne guadagno,
11ch’elli è vit’, e non mori’, uscir di pene;
c, se t’uccidi ’l ladro di Salvagno,
or vedi, Morte, quel, che me n’avvène:
14ch’i’starò’n Siena, com’e ricchi al Bagno.
CV
Ma ella teme d’entrare in messer Angiolieri.
Sed i’ avesse mille lingue in bocca,
e fosser tutte d’andanic’o acciaio,
c ’I predicar del buon frate Pagliaio,
4non potre’ fare si, eli’un fil di rocca
potesse aver da que’, che viver locca
piú, che non fa l’osorricri’l danaio;
e quegli è ’l cavalier, ch’è sanza vaio,
8ciò è ’l gaudente, cu’febbre non tocca!
Che la Morte paur’ha di morire;
e, s ella intrasse in lui, i’ son sicuro
11ch’ella morrebb’e lu’ faria guarire.
Ch’egli ha su’ cuoio si ’nferigno c duro,
che, chi per torre al ciel volesse gire,
14in lui fondar si converrebbe il muro.