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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/122

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116 vii - cecco angiolieri

CVI

Il suo disumano odio contro il padre non è senza ragioni.

Il pessimo e ’l crudele odio, ch’i’ porto
a diritta ragione al padre meo,
il fará vivar piú, che Botadeo,
4e di ciò, buon di, me ne sono accorto.
Odi, Natura, se tu ha’gran torto:
l’altricr li chiesi un fiasco di raspeo,
che n’ha ben cento cogna’l can giudeo:
8in veritá, vicin m’ebbe che morto.
— S’i’ gli l’avessi chèsto di vernaccia! —
diss’io, solamente a lui approvare:
11si mi volle sputar entro la faccia.
E poi m’è detto cli’i’ noi debbo odiare!
Ma chi sapesse ben ogni sua taccia
14direbbe: — Vivo il dovresti mangiare! —

CVII

Bisogna che il vecchio sia maledetto, per non risolversi mai a morire

Non potrebb’esser, per quanto Dio fece,
che babbo spesso non mangi de l’oro,
ch’e’ vive fresco e razza com’un toro,
4e ha degli anni ottanta o’n quella vece;
o ver ch’egli appiccat’ha con la pece.
l’anima sua, che dice: — Dall’agoro
eli’ i’ faccia fuor del su’corpo dimoro,
8a questi, di che partir non mi lece! —
Però eli’i’credo ch’egli è maladetto;
e questo si vi giuro sanza frodo,
11eli’e’non credette mai di sopr’al tetto.
E la mia donna, secondo ch’i’odo,
in ora in ora sta sul trabocchetto:
14or cosí vanno le cose al mi’ modo!