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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/133

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vii - cecco angiolieri 127

CXXVIII

Le stranezze di Min Zeppa in chiesa.

Quando ’l Zeppa entra ’n santo, usa di dire:
— Die si vi dea ’l buon di, domine Dco! —
e si si segna, che quasi morire
4fa ciascuno, che vede l’atto seo.
E suo’ peccati dice si, ch’udire
li pò ciascun, non che gli oda Iddeo;
e, quand’e’se ne vicn a dipartire,
8cantando n’esce, e ornai fatt’è giudeo.
Nel su’ segnar fa dritt’atti di pazza,
clic del dito si dá talor ne l occhio:
11e per ciò campa ell’alcun non l’ammazza.
Fors’ò ell’è riguardato per Capocchio;
o per ell’a Branca die tal d’una mazza,
14che ben vi sta orna’ dicer finocchio.

CXXIX

Il poeta ha sorpreso un dialoghetto tra Mino e la sua amante.

Boccon in terr’a piè l’uscio di Pina,
dipo le tre, trovai Min Zeppa stare;
ed i’ mi stett’e comincia’ ascoltare,
4e seria stato infine a la mattina,
se tanto fosse durata la lena,
che cominciat’ave’, del favellare;
ché que’ diceva di volervi entrare,
8e quella li rispos’: — Or quest’è fina!
— Almen piglia da me questi danari,
cosí, come ti cale del mi’occhio:
11si n’avra’ giá un paio di calzari.
— Va’ pian, amor, un poco, cli’i’ sconocchio:
se fosscr buon, tu li avresti piú cari;
14va’col malanno; e’fuòr ili Capocchio! —