Vai al contenuto

Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/153

Da Wikisource.

xi - immanuel romano 147

IV

A MESSER BOSONE DA GUBBIO
Piange ed invila ogni gente a piangere per la morte di Dante.

Io, che trassi le lagrime del fondo
de l’abisso del cor, che ’n sii le ’nvea,
piango: che’l foco del dolor m’ardea,
4se non fosser le lagrime, in che abbondo.
Ché la lor piova ammorta lo profondo
ardor, che del mio mal fuor mi traea;
per non morir per tener altra vea,
8al percotcr sto forte c non affondo.
E ben può pianger cristiano e giudeo,
e ciaschcdun sedere ’n tristo scanno:
11pianto perpetuai m’è fatto reo.
Per ch’io m’accorgo che quel fu il mal’anno;
sconfortomi ben, ch’i’ veggio che Deo
14per invidia del ben fece quel danno.