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10 i - rustico filippi

XVIII

Ritrae un bel tipo di poltrone freddoloso.

Io fo ben boto a Dio: se Ghigo fosse,
ser Cerbiolin, che l’hai tanto lodato,
per pilliccion di quella, c’ha le fosse,
4non si riscalderia, tant’è gelato.
Non vedi che di mezzo luglio tosse,
e ’l guarnel tien di sotto foderato?
E dicemi che fuoco anche noi cosse;
8e par figliuol di Bonella impiombato.
Ché tutto il giorno sol seco si siede,
onde’mbiecare ha fatte molte panche:
11se non eli’a manicare in casa riede.
Maraviglia, che non gli cascar Tanche!
Ché, se grande bisogno non richiede,
14da la sua casa non si pardo anche.

XIX

Interpella un compare sullo stesso protagonista del sonetto precedente.

Se tu sia lieto di madonna ’l ana,
Azzuccio, dimmi s’io verta ti dico;
e, se tu non la veggi ancor puttana,
4non ci guardar parente néd amico.
Ch’io metto la sentenza in tua man piana
e di neiente non la contraddico;
per eli’ io son certo che la drai certana,
8non ne darei de l’altra parte un fico.
Ch’egli è piú freddo, che detto non aggio;
non vedi come ’l naso il manofesta?
11Ché redir non saprebbe di Cafaggio.
E spesse volte duolegli la testa;
credo che stesse a bália nel rimaggio:
14tant’è salvoggio, — pare una tempesta.