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i - rustico filippi | 9 |
XVI
Elogia le virtú di messere Ugolino.
Chi messere Ugolin biasma o riprende,
per che non ha fermezza né misura
e per che sua promessa non attende,
4non è cortese, ch’e’l’ha da natura.
Ma fa gran cortesia chi ’l ne difende:
ch’è si gentil, che non ne mette cura,
e poco pensa se manca od offende,
8e, se vuol ben pensar, poco vi dura.
Ma i’ so ben che, se fosse leale,
ch’egli è di si gran presgio il suo valore,
11che men se ne poria dir ben, che male.
Ed ama la sua parte di bon core:
se non ch’a punti ben non gliene cale,
14e ben non corre a posta di signore.
XVII
Ma delle promesse di quel messere non può campare la famiglia del poeta.
Le mie fanciulle gridano a vivanda,
e non finaro sera né mattino;
e stanno tutte spesso in far domanda:
4— Or non è vivo messere Ugolino? —
Però ciascuna a voi si raccomanda;
ed in ischiera v’è Lippo e Cantino,
che non temon che lor botte si spanda,
8ché, s’han del pane, il pozzo è lor vicino.
Ond’io vi priego ancor, ché la speranza
daria per men di due fiorili lo staio;
11ma le ’mpromesse attendo ad abbondanza.
Clra me penna non vai né calamaio,
né me’ venir né far far ricordanza,
14néd esser ricco piú, che Min di Ciaio.