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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/19

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i - rustico filippi 13

XXIV

... e le vede giá chieste da una sfilata di pretendenti...

Buono inconincio, ancora fosse veglio,
v’ebbe il valente messere Ubertino;
vostra grandezza va di bene in meglio,
4ch’a voi ne viene il buon conte Bandino.
Quel da Romena, ch’è segnor del Peglio,
v’intende, so, casgion de lo steriino:
e saccio ben, se moglie non ha il Veglio,
8che gli assessini ha messi nel cammino,
per domandar la Diana o sua sorella;
ché quel da Senno non è tanto ardito,
11ch’egli oggi addomandasse la fancella.
E Tanuccio n’è molto isbigottito,
e non ha piú speranza in sue castella;
14né ’l Cardinal, secondo ch’aggio udito.

XXV

... mentre anche i maschi faranno nozze non meno cospicue.

Il giorno avesse io mille marchi d’oro,
che la Dianuzza fia contessa Diana,
e sanza grande isfólgor di tesoro:
4e non cavaleressa né cattana!
È fermo piú, che ’l genovese moro,
lo detto di Cristofano in Toscana;
e poi appresso, sanza gran dimoro,
8farem, de l’altra, orrevol marchisciana.
Fra gli altri partiremo li casati:
Donati ed Adimar sian del Capraccia;
11di Donaton, Tosinghi e Giandonati.
Se piú ve n’ha, che non sian maritati,
dean la parola lá, ove piú lor piaccia:
14e, se rilievo v’ha, sia degli Abati.