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64 | vii - cecco angiolieri |
II
Prega la donna d’essergli affabile e cortese.
Avvegna ched i’ paghi ’l tu’ mirare
piú, che s’io fossi del mondo signore,
che tu mi fai, amor, per tuo onore?
4si mi pur vuoi di te assicurare?
Se ti piace di volermi parlare,
io te ne prego da parte d’Amore;
e non guardar per ch’i’sia tuo minore,
8ché, quanto l’uomo è di maggior affare,
si è tenuto d’aver, per ragione,
in sé umilitate e cortesia:
11se ciò non fa, si gli è gran riprensione.
Non per ch’io creda che ’n te villania
possa capére: in questa oppenione,
14i’ son tuo, e serò in di di vita mia.
III
Non può cessar d’amare colei, che lo disprezza.
Or non è gran pistolenza la mia,
ch’i’ non mi posso partir dad amare
quella, che m’odia e niente degnare
4vuol pur vedere, ond’i’passo la via?
E dammi tanta pena notte e dia,
che de l’angoscia mi fa si sudare,
che m’arde l’anima e niente non pare;
8certo non credo ch’altro ’nferno sia.
Assa’ potrebb’uom dirm’: — A nulla giova
Ch’ell’è di tale schiatta nata, ’ntendo,
11che tutte son di cosí mala pruova.
Ma, per ch’i’la trasamo, pur attendo
Ch’Amore alcuna cosa la rimova:
14ch’è si possente, che’l può far correndo.