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vii - cecco angiolieri | 73 |
XX
Impiccarsi gli pare l’unico rimedio al suo dolore.
Quand’i’ solev’udir ch’un fiorentino
si fosse per dolor si disperato,
clied elli stesso si fosse ’mpiccato,
4si mi parev’un miraeoi divino;
ed or m’è viso che sie piú latino,
che non sarebb’a un, che, solo nato,
avesse tutto ’l di marmo segato,
8il bever un becchier di vernaccino.
Perciò ch’i’ho provat’un tal dolore,
ell’i’credo che la pena de la morte
11sia cento milia cotanto minore.
Com’elli sia cosí pessim’e forte,
come ’l sonetto die’ e vie maggiore,
14farò parer con men di due ritorte.
XXI
Tanto soffre, che vorrebbe o non esser nato o non sentire.
Se si potesse morir di dolore,
molti son vivi, che serebber morti:
i’ son l’un desso, s’e’ non me ne porti
4’n anim’e carn’il Lucifer maggiore;
avvegna ch’i’ne vo con la peggiore,
ché ne lo ’nferno non son cosí forti
le pene e li tormenti e li sconforti,
8com’un de’miei, qualunqu’è’l minore.
Ond’io esser non nato ben vorria,
od esser cosa, che non si sentisse,
11poi ch’i’ non trovo ’n me modo né via:
se non è ’n tanto, che se si compisse
per avventura ornai la profezia,
14che Tuoni vuol dir, Ch’Anticristo venisse.