Vai al contenuto

Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/80

Da Wikisource.
74 vii - cecco angiolieri

XXII

Tutti i suoi dolori cesserebbero, se cessasse di tormentarlo la sua donna.

Eo ho si tristo il cor di cose cento,
che cento — volte el di penso morire,
avvegna che ’l morire — mi fora abento,
4ch’eo non ho abento — se non di dormire;
e nel dormire — ho tanto di tormento,
che di tormento — non posso guarire:
ma ben guarire — porla en un momento,
8se momento — avesse quella, che ire
mi fa tanto dolente, en fede mia,
che mia — non par che sia alcuna cosa,
11altro che cosa — corrucciosa e ria.
Ed è si ria — la mia vita dogliosa,
ch’eo so’doglios’a — chi mi scontra en via,
14e via — non veggio, che mai aggia posa.

XXIII

Dopo un bel sogno, gli è piú amaro il risveglio.

Me’ mi so cattiveggiar su ’n un letto,
che neun om, che vada’n su’duo piei:
ché’n prima fo degli altru’danar miei;
4or udirete po’ com’i’ m’assetto:
ché ’n una cheggio, per maggior diletto,
d’esser in braccio ’n braccio con colei,
a cu’ l’anim’e ’l cuor e ’l corpo diei
8interamente, senz’alcun difetto.
Ma po’ ched i’ mi trovo ’n sul niente
di queste cose, ch’i’ m’ho millantato,
11fo mille morti ’l di, si son dolente.
E tutto ’l sangue mi sento turbato,
ed ho men posa, che l’acqua corrente,
14ed avrò fin ch’i’sarò’nnamorato.