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vii - cecco angiolieri | 75 |
XXIV
Poiché Becchina lo vuol morto, morrá contento.
Da po’ t’è ’n grado, Becchina, ch’i’ muoia,
non piacci’a Dio ch’i’viva niente!
Anima mia, morir ben m’è a puoia
4per l’allegrezza di quel tu’ parente,
c’ha nome Benci, che pela le coia:
però ti dico ch’i’moio dolente:
ma non, però, ch’i’ne cur’una luoia;
8anzi ne prego Crist’onnipotente.
Ch’e’ ne contenti ’l mie boci’ al bosco:
ché so che m’odian di si crudel guisa,
11che di vedermi morto menan tòsco!
Nlit’e Turella ne fará gran risa,
Nell’e Pogges’e tutti que’ del cosco,
14accetto que’, che fuór nati di Pisa.
XXV
Il poeta tenta ogni approccio, ma Becchina non vuoi sapere di lui.
— Becchina mia! — Cecco, noi ti confesso.
— Ed i’ son tu’. — E cotesto disdico.
— I’sarò altrui. — Non vi do un fico.
4Torto mi fai. — E tu mi manda ’l messo.
— Si, maccherella. — E1 l’avrá ’l capo fesso.
— Chi gliele fenderá? — Ciò ti dico.
— Se’ cosí niffa? — Si, contr’al nimico.
8— Non tocc’a me. — Anzi, pur tu se’ desso.
— E tu t’ascondi. — E tu va’ col malanno.
— Tu non vorresti. — Perché non vorria?
11— Ché se’ pietosa. — Non di te, uguanno!
— Se foss’un altro? — Cavere’l d’affanno.
— Mal ti conobbi! — Or non di’ tu bugia.
14— Non me ne poss’atar! — Abbieti ’l danno! —