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48 xxiv - pieraccio tedaldi

XXVI

Non vale il dono, se non è accordato subito.

Quando l’uom chiede un don, ch’è bisognoso,
e ’l don, che chiede, gli sia indugiato,
colui, che dona, non ha tanto in grato,
4per che lo ’ndugio non è dilettoso.
Il don, ch’è fatto brieve, è grazioso,
e quel, ch’è chiesto, è mezzo comperato;
colui, che dona, ed a chi è donato,
8se ’l dono è fuor di tempo, è disdegnoso.
Cosi divien d’arnor e d’ogni cosa,
però che ’l tempo è una cosa cara,
11e nel tempo ogni cosa si riposa;
e lo ’ndugiar si vien da gente avara,
e l’aspettar si è vita noiosa
14piú, che d’un vecchio quando gioca a zara.

XXVII

Le cattive conseguenze del gioco.

E1 gioco è fondamento d’avarizia;
da lui procede gola e la lussura;
e’ dá pensieri e cruccio oltre a misura,
4e vie piú, che allegrezza, dá trestizia.
Da lui diriva ciascuna malizia;
e’fa dicer e fare ogni sozzura:
e tal fiata quel, che perde, fura,
8ed è preso e menato a la giustizia.
Onde ciascuno io ammonisco, e dico
che lassi stare il dado e noi trassini,
11se vuol de le virtú essere amico.
E’ fa votar le borse de’ fiorini,
e de l’agiato fa talor mendico,
14e molti andar ne fa tristi e tapini.