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130 lirici marinisti

     Mentre il petto stillante
te, vie piú che mortal, licor divino,
pascea Cristo lattante
stretto in povero lino;
chi sa che non spargesse i pregi tui
e che allor non toccassi i labri a lui!
     O forse allor Maria
con prodigio d’amor dal sen ti sparse,
mentre il figlio languia
e sitibondo apparse,
perché bevesse umor di latte almeno,
non l’offerto amarissimo veleno!
     Tu degno sol, tu degno
che ’l cielo istesso i tuoi candori imiti
lá de l’empireo regno
sui talami fioriti,
e che presti sol tu, mentre s’inalba,
la candidezza al cielo, il latte a l’alba;
     degno tu che, novello
fiume, sii specchio a le beate menti,
poiché il latteo ruscello
ch’ha le sponde lucenti,
benché scorra sul ciel stellato chiostro,
presso a te sembra d’ebeno e d’inchiostro.
     Anzi, perché tu sei
de la diva degli angeli fattura
e col dio degli dèi
sue viscere e sua cura,
dimostra alma trafitta e fioca voce
ella a piè de la croce ed egli in croce;
     lá sui poggi stellanti,
con nov’ordine d’astri e sito estrano,
guardo di lumi amanti,
perché fregio sovrano
tu giunga a inestinguibili zaffiri,
tra la Croce e la Vergine ti miri.