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Pagina:AA. VV. - Lirici marinisti.djvu/284

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278 lirici marinisti

inutil arme e fragili stromenti;
ma piú che mai possenti
sen van co’ loro arcieri e mietitori
mietendo l’alme e saettando i cori.
     Le tue luci leggiadre
languiscon, ma languendo
non restan giá d’esser rapaci e ladre,
o di far sí ch’io non languisca ardendo.
Son vecchie; ma sent’io sempre per loro
giovane il mio martoro,
ed ai lor giri il prencipe degli anni,
fatto stupido amante, arresta i vanni.
     Pallidetto ed esangue
nel tuo languido viso
co’ suoi vecchi augelletti anch’egli langue
de le Grazie e d’Amore il paradiso;
ma pur non men leggiadro e non men dolce
l’anime alletta e molce,
né dopo la lor morte i cor piagati
che volano lassú fan men beati.
     La tua bocca rosata,
bel tesoro de’ baci
e del parlar soave arca animata,
non teme de l’etá l’unghie rapaci;
ma con la sua ricchezza fuggitiva
restando ognor piú viva,
con chi baciarla suole ed ascoltarla
dolce piú che mai fosse, or bacia or parla.
     Il tuo candido seno
di bei pomi lascivi
lieto orticello e giardinetto ameno,
dolci non men né men leggiadri e vivi
scopre, benché sian vecchi, i frutti suoi;
ma serba ancor tra noi
l’antico stile, e con suo pregio eterno
sprezza del tempo la tempesta e ’l verno.