Pagina:AA. VV. - Lirici marinisti.djvu/288

Da Wikisource.
282 lirici marinisti

riporti i primi vanti;
poiché sol da la forza ardente e viva
del dio del canto il tuo cantar deriva.
     Quand’ei con l’aurea lampa
in ciel piú forte avampa,
e col raggio che bolle
tormenta il piano e ’l colle,
alor tu senti in te ben mille e mille
di poetico ardor spirti e faville.
     Alor l’alte tue rime,
poetessa sublime,
con indefessa vena
sciogli, di furor piena,
e fai veder altrui ch’a te non sòle
dettar sí nobil canto altri che ’l sole.
     Qui potrei dir ch’un die
alle dolci armonie
di spiritoso ingegno
fosti spirto e sostegno,
mentre accoppiasti il suon che ’l mondo ammira,
di rotta corda in vece a la sua lira.
     Ma questi, ancor ch’egregi,
son troppo antichi pregi;
son queste in ogni parte
glorie giá note e sparte;
sí che piú tosto con stupor si denno
lodar senza lodar, che farne cenno.
     Io vo’ ben dir ch’io vidi
or nei campi or nei lidi,
ove tu dispiegavi
gli strepiti soavi,
l’ali ritrose e i passi fuggitivi
quinci arrestare i venti e quindi i rivi.
     E vidi spesso ancora
star la turba canora
or tra i faggi or tra i mirti