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296 lirici marinisti

     altri onor trïonfale in piú d’un arco
inalza, ove la dea sue glorie scorge;
evvi intanto chi umíle il braccio porge
del divin braccio a l’onorato incarco;
     parte di passo in passo, a coro a coro,
temprando a vario suon musiche note,
rinovan lá de le celesti rote
il concento dolcissimo canoro;
     molti di rose non caduche e frali,
ch’ebber stelle per stelo e rai per spine,
vanno intrecciando al sacrosano crine
ghirlande incorrottibili, immortali;
     parte col ventilar di leggier volo
le spira intorno zeffiri celesti;
parte, ov’avvien ch’il sacro piè calpesti,
di rari fior va lastricando il suolo.
     Il suolo istesso, ov’ella i passi move,
si fa di fiori in mille guise adorno;
l’aura che spira, a lei sospira intorno;
il ciel nembo di grazie in sen le piove.
     S’alza ogni basso fior, quasi che brami
de la veste real baciare il lembo,
e per fioccarle i dolci frutti in grembo
ogni pianta sublime inchina i rami.
     Che dico? anco ogni sfera in ciel s’atterra
a riverire, ad adorar tal nume;
e per farsi piú chiaro a sí gran lume
il ciel desia di tragittarsi in terra.
     Che meraviglia è ciò, s’ebbe desio
di farsi il sommo Verbo anch’ei terreno?
Ma un ciel pur anco è quel vergineo seno,
ché quivi è il ciel dove sua stanza ha Dio.
     Vanne, animato ciel, vanne felice,
ché la felicitá teco s’annida:
Dio ti sia scorta, anzi tu a Dio sii guida,
poiché Dio stesso oggi portar ti lice.