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22 xxiii - tenzoni di rimatori perugini


2 — TREBALDINO
Non vuol saperne di chi gli scrive, mentre si profferisce affezionato al Nuccoli.

Egli è ben ver che sotto Amor mi trove,
e provo spesso in me com’è molesta
la vita degli amante, e che lor pesta;
4ma, se provato hai, fa’ che riprove.
Se io servo ad Amore, e saper fòve
ch’io non so’al mondo só’l’altrui podestá;
onde par la mia vita disonesta
8piú, ched è in onne donna, De’ vi giove?
Ma tu dice si spesso ch’io mi pento
d’aver detto del si, che si mi spoglio
11d’ogne mia volontade, e piú non sento
de te en me, si come sentir soglio;
e d’engannare altrui non n’ho talento,
14ma’ te, che dice: — Voglio, — e poi: — Disvoglio.
Al mio signor ser Cecco tutto sano
libero glie me do, e verde e secco,
poi che se dice ch’io del suo ben lecco.

3 — SER CECCO
Si accende di passione per le parole di Trebaldino.

E1 tuo bel dir liggiadro ver’me piove
si spesso, ch’él convèn ch’io prenda in presta
de le tuoi dolce rime, e faccia festa
4teco, bel frate, puoi ch’a ciò ti move.
Ond’io ti prego che me diche dove
tu vuol’ch’io vegna o da terza o da sesta,
che mill’anni me par ch’io só’ tua vesta
8dimore quanto vói’: non penso altrove.
Però ti prego che tu non sie lento
a far quel, che v’è scritto in questo foglio,
11da po’ che io servirte non pavento.