Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/192

Da Wikisource.

— 186 —

discese le scale, uscì dalla palazzina, e aprendo il petto a quell’aria pura del mattino, non più respirata da lunga pezza, temprò un poco quella sorta di sgomento in cui era caduto. «O bei colli — sclamò — patria mia dell’avvenire, io vorrei baciare ogni vostra zolla! Ma essa..., che dirà di me...? Penserà che io stetti in agguato per coglierla sola?» Questo pensiero gli fece scottare la terra sotto le piante; vagò senza badare per dove; e alla fine s’abbandonò a piè d’un filare d’avellani, forse a un trar di mano dalla palazzina.

La fanciulla, rimasta un tratto come persona che pena a destarsi; rinvenendo da quella sorta di stordimento, sentì qualcosa che poteva essere rimorso e sdegno dell’Alemanno, di sè, di tutto; ma udendo la zia che entrava in sala, fuggì paurosa in punta di piedi; prese le scale, fu alla porta della cascinaia, la chiamò a bassa voce come per un brutto sotterfugio; e corse con essa difilata al convento.

«Bianca — diceva la cieca, mestissima nell’aspetto, venendo oltre per la sala, colle mani tese verso la parte dove la fanciulla soleva stare: — ho inteso... tutto... tu dunque lo sposerai? tu ci lascierai qui sole, e andrai tanto lontana, che neanco sapremo di te se sarai viva o morta? Non ti ricordi di quel giorno, di don Marco, della signora Maddalena...? Oh tu singhiozzi...! tu non lo sposerai no, tuo padre non fisserà nessun giorno...! tu sei più mia che sua, nevvero? Vieni... vieni Margherita... (e porgeva la mano a questa che veniva dietro lentamente), vieni... preghiamola, povera Bianca... ti vogliono ingannare...

«O zia, — diceva Margherita — Bianca non v’è mica, non v’è...

— Come! — esclamò damigella Maria, corrugando la fronte; e il petto le si affannò, la gola le si gonfiò di singhiozzi l’uno incalzato dall’altro, vacillò, si resse a Margherita, e tacque.

In questo mezzo Bianca giungeva al convento. Sotto il