Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/281

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legro; e Marta uscita di cucina gli passò dinanzi colla tazza di latte, e colla focaccia, che odorava lungi a venti passi, cotta per lui.

«Sì — disse Giuliano — un sorso di latte, e il petto del montanaro è ristorato!»

E andatosi a sedere a mensa mangiò, quasi non si avvedendo di sua madre, la quale gli spezzava il pane, e gliene poneva nella tazza timidamente; paurosa di rompere quella quiete dell’animo, che gli vedeva nell’aspetto sereno.

Quand’ebbe finito egli si levò in piedi; e tesa la mano a lei rispettosa, le disse che andava a dar due passi pei campi.

«Ben pensato; — sclamò la signora, credendo che a un tratto egli si fosse messo il passato dietro le spalle, disposto a non più pensarvi: — mi vuoi? vengo anch’io...»

«Il caldo è troppo: — rispose Giuliano — ed io sento una smania di camminare, una smania di correre tutte le montagne che abbiamo intorno!»

Queste parole dette con accento diverso da quel di prima, fecero dar giù l’animo della signora; la quale quasi per iscoprir marina, soggiunse interrogando sommessamente:

«E intanto non potrei far trovare qualcuno, da ricondurre in Alba il cavallo che hai menato?

«Lo ricondurrò da me, perchè stasera sul fresco ripartirò per Torino.»

La signora chinò il capo un istante, e quando lo rialzò tendendo le braccia verso di lui, egli era già fuori. Ma essa non vedeva più lume, e:

«Tu non partirai! — proruppe — non partirai, o verrò anch’io a vedere qual misera fine tu vorrai fare! Che tu credi che io non abbia capito; e che per me non sia tutt’uno, mi scoppi il cuore in questa casa tua, o in mezzo alla via come una mendica?»

Così esclamando si metteva una mano sul cuore, e a