Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/280

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CAPITOLO XV.



Difatti a D..., in casa alla signora Maddalena, la giornata era corsa mesta, come quello squillo di campana che la chiudeva; udito così da lungi.

Giuliano, avendo le membra tronche dal gran cavalcare, non s’era potuto togliere il sonno di dosso, sino a mezzodì; e poi destatosi, aveva covato il letto a guisa di persona che medita e si riposa. Fatti e rifatti i conti, aveva veduto più chiaramente i casi suoi, dolorosi per ogni verso. Oramai non vi cadeva più dubbio: la marchesa di G... l’aveva ingannato, pietosamente ingannato, ma per farlo fuggire da Torino. E forse a quell’ora, i suoi amici erano tutti in carcere, d’onde non sarebbero usciti che per essere appiccati alle forche; e chi sa? qualcuno morendo in quella guisa, avrebbe lanciato a lui lontano, l’accusa di codardo e di traditore. Che gli rimaneva a fare? Deluso dalla donna amata, non provò senso d’odio o desiderio di vendetta; ma una sete di sventure, una voluttà di patimenti grandi, lunghi, gli allagò il cuore; e colla fantasia vedendo sè stesso sui gradini del patibolo, gli parve d’intuonare un inno, un inno che avrebbe fatto piangere un mondo. Si levò col proposito di ripartire per Torino prima di notte; e impresso di calma severa nel viso, negli atti, in tutto il portamento, discese in sala.

Sua madre, vedendolo venire, s’affrettò a far viso al-