Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/365

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scoperta che per lui nasceva come una nube levatasi in un bel giorno di primavera, ad offuscare il sole, quando si ha tanto desiderio di calore e di luce. E rifacendo colla memoria la vita dei mesi passati, rivide sè stesso, quale doveva essere stato da principio, allora quando preso d’amore e non essendogli dato d’avere uno sguardo dalla donna amata; s’era sentito venire addosso tanta malinconia, da non essere più quello d’una volta agli occhi dei commilitoni maravigliati. Rammentò come avesse tribolato molto per cavarsi dal cuore quella montanina, la quale aveva fatto a lui un senso, che da nessuna donna gli era stato mai fatto; e la ostinatezza in cui s’era messo per ottenerne l’amore, mentre essa non badava a lui, gli pareva adesso la maggior colpa che avesse commesso in sua vita, proprio come aveva detto alla zia Maria.

«Folle che io fui — sclamava — a non pensare che in Italia le fanciulle a diciott’anni, hanno il cuore preso da un pezzo! L’ho voluta e mi sta bene. E qual dritto ho io di rimproverare una donna perchè serba memoria d’un uomo che amò, quando i luoghi dove nacque l’amor suo, le stanno sempre dinanzi...!» In questi pensieri l’animo gli ribolliva, e penava a non lasciarsi pigliare dall’ira; ma gli tornavano nell’orecchio le parole della cieca, la quale gli avea accertato che Bianca e quell’altro non si erano parlati mai. Così gli si abbelliva a poco a poco l’immagine della donna sua; e l’amore puro da essa custodito finchè egli non era venuto a turbarla, cominciò a parergli la dote più nobile che Bianca gli avesse portato. Si sentiva quasi disacerbato; si lodava di essere andato dalla zia Maria a sincerarsi l’animo; e col capo pieno di disegni e di pentimenti, non vedeva l’ora di essere a D... per baciare la mano alla sposa e chiederle perdono.

Vi giunse che mancavano poche ore all’alba; e trovò Bianca seduta a piè del letto, in atto che pareva inconsolabile. Al vederla così mesta, egli si fermò sulla soglia