Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/384

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Bormida; e calavano con ardire inestimabile, rapidi, improvvisi, nuovi nei modi di guerra, come se il fulmine li guidasse.

Finito lo strascico degli infermi, dei malconci, degli spedati, le vie di C... rimasero mute davvero e deserte. Le famiglie rimaste, si turarono in casa, aspettando ogni minuto di udire i Francesi sfondar le porte. Ma passa un’ora, passane un’altra, questi non arrivavano; nè i più animosi affacciatisi all’abbaino dei proprii tetti, videro gente venire giù per la valle, o polverio o altro segno che l’annunziasse. A poco a poco qualche finestra s’aprì, qualche porta stridè sui cardini, qualche domanda fu scambiata da casa a casa; poi alcuni monelli furono visti farsi cenni da via a via, correre, raccogliersi camminando in punta di piedi, e parlar basso tra loro, come temessero di turbare il sonno a qualcuno. Si consigliavano, s’animavano, facevano alle pagliuzze chi dovesse andare fuori le mura, fino ad un certo punto, a scoprir paese: e uno, due, tre partivano, sparivano, tornavano, recando nulla. Allora presero a lagnarsi ad alta voce degli Alemanni partiti, e dei Francesi non venuti; e fatto gruppo intorno al pozzo della piazza, parevano essi i padri del villaggio, deputati a far le accoglienze alla soldatesca nemica.

Di questo andare il giorno volgeva alla bassa ora; e già nelle case si pensava con più spasimo, al gran tafferuglio che sarebbe stato, se i Francesi fossero capitati di notte: quando tra quei fanciulli del pozzo, qualcuno con viso maravigliato, additò il castello; e tutti si volsero a guardare da quella parte, con tanto d’occhi, silenziosi, gli uni accostandosi agli altri, come i pulcini all’apparire del nibbio.

Tra i ruderi di lassù, si vedevano uomini strani, sporgere il capo, mostrarsi dal petto in su, arrampicarsi fin sugli alti comignoli, agitando armi e fogli che spiegavano al vento, chiamando coi cenni i monelli. Questi consigliatisi tra loro un poco; parte spulezzarono paurosi,