Pagina:Abissinia, giornale di un viaggio di Pippo Vigoni, Milano, Hoepli, 1881.djvu/260

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186 Capitolo decimo.


Non vi fu mai fatto per altro nessun edificio che possa in certo modo materialmente stabilirla come capitale del regno, la quale credo che il giorno che la pace parrà dominare in Abissinia, se pure quel giorno verrà, tornerà a stabilirsi a Gondar.

Vediamo un giorno in un punto della pianura una massa di gente e di cavalli, un insolito movimento; è il re che sta facendo le corse, per cui scendiamo subito. L’ambiente è molto pittoresco; una massa di spettatori delineano come il contorno dell’arena; sulla sinistra, sotto alcune acacie, diversi gruppi di grandi artisticamente avvolti nei loro manti e circondati da servi e seguaci armati; rimpetto a questi il re, all’ombra di un ombrello rosso con frange d’oro sorretto da un servo, e seguito dal numeroso suo stato maggiore; un paesaggio vasto, incantevole, un sole splendido, un cielo del più puro azzurro.

Le corse consistono in sfide parziali di cinque, sei, sette o più cavalieri che galoppano contro una schiera di altrettanti nemici, e giunti all’altezza opportuna, gettano con meravigliosa destrezza un bastone che tien luogo di lancia, e rivoltano precipitosamente il cavallo in ritirata; la parte avversaria cogli scudi si difende dalla grandinata di lance, che vede venire in sua direzione, e quindi insegue il nemico che a sua volta fuggendo è obbligato con destri movimenti del cavallo o collo scudo suo a difendersi dagli attacchi.

È veramente ammirabile la destrezza colla quale girano il cavallo a corsa sfrenata, e intanto si difendono col rivolgersi a vedere da qual parte sopraggiunge il nemico, portando lo scudo da destra a sinistra, dall’avanti all’indietro, dal basso alla testa.

Il re di quando in quando monta a cavallo e fa un giro gettando la sua lancia che molti si fanno premura di raccogliere, cui però nessuno osa rispondere. Belli i cavalli, belli i cavalieri, belle le manovre, pittoreschi quanto mai questi scemma elegantemente gittati sulle spalle e che svolazzano correndo, questi scudi