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16 i - d’amore e desiderio


Sofia. Sí come hai mostrato del disio de le cose utili un mezzo virtuoso e due estremi viziosi, trovansi altri simiglianti mezzi ed estremi ne le cose utili e giá possedute?

Filone. Sí che si truovano, e non meno manifesti. Perché il sfrenato amore che si ha alle ricchezze acquistate o possedute, è avarizia: qual è offizio vile ed enorme; perché quando l’amore de le proprie ricchezze è piú del debito, causa la conservazione di quelle piú del dovere, e di non dispensarle secondo l’onestá e l’ordine de la ragione. La moderazione in amare tali cose, con la conveniente dispensazione di quelle, è mezzo virtuoso e nobile; e chiamasi liberalitá. Il mancamento de l’amore di queste cose possedute e non conveniente dispensazione di quelle, è l’altro estremo vizioso, contrario de l’avarizia; e chiamasi prodigalitá. Sí che l’avaro come il prodigo son viziosi, sequendo gli estremi de l’amor de le cose utili; il liberale è virtuoso, che segue il mezzo di quelli. E in questo modo che t’ho detto, si truova l’amore e il desiderio in le cose utili temperatamente e stemperatamente.

Sofia. Mi consuona questo modo che m’hai detto. Vorria intendere ne le cose delettabili come l’amor sia in loro; che mi par piú a nostro proposito.

Filone. Cosí come ne le cose utili il proprio e reale amore si truova insieme col desiderio, similmente in le delettabili il desio non si parte da l’amore: perché tutte le cose delettabili che mancano, fin che interamente si sono avute e s’abbi a suffizienzia di quelle, sempre che si desiderano o s’appetiscono, parimente s’amano. Il bevitore desidera e ama il vino innanzi che lo beva, fin che sia sazio di quello; il goloso desidera e ama il dolce innanzi che il mangi, fin che di quello sia sazio; e comunemente quel che ha sete, sempre che lo desidera, ama il bevere; e quello che ha fame, desidera e ama la vivanda; e l’uomo similmente desidera e ama la donna innanzi che l’abbi, e cosí la donna l’uomo. Hanno ancor queste cose delettabili tal proprietá che, avute che sono, cosí come cessa il desiderio di quelle, cessa ancor il piú delle volte l’amore, e molte volte si converte in fastidio e aborrizione: perché quel