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Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/143

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si traggono d’ogni parte i pesi, l’altro su, dove ogni corpo ci va di mala voglia; conciossiachè, il cielo essendo. sferoidale, tutte le cose distanti ugualmente dal mezzo sono estremi, e devon essere naturalmente estremi allo stesso modo, e il mezzo, ch’è ad uguale misura distante degli estremi, dev’essere dirimpetto a tutti pure allo stesso modo. E se il mondo è così fatto, persona ponendoci il così detto su e giù, non a ragione sembrerà di adoperare nomi improprii? Imperocchè il mezzo del mondo non si può dire che è su, nè giù, ma nel mezzo; e il dintorno non è mezzo, nè ha da alcun lato alcuna parte sua la quale guardi al mezzo in modo differente di. come lo guarda alcun’altra parte del iato dirimpetto. Laonde a ciò ch’è naturalmente simile dappertutto, persona se gli dà nomi contrarii, come può ella immaginarsi di parlar bellamente? E, da vero, ponghiamo che ci sia un corpo solido inlibrato nel mezzo dell’universo, esso non si trarrà mai verso alcuno degli estremi, a cagione della somiglianza perfetta di questi. Ma se persona ci camminasse attorno, stando assai fiate con le piante volte ove avea prima il capo, chiamerebbe un lato stesso di questo stesso corpo, su e giù. Adunque l’universo essendo, come s’è ora detto, sferoidale, non è da savio il chiamare un luogo su, un altro giù. Spieghiamo ora d’onde son nati questi nomi di su e giù, e dov’è che hanno vero valore; perchè poi ci adusammo a spartire tutto il cielo anco in su e in giù. Ecco, ponghiamo caso che alcuno salga nel