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Prologo     15

documenti pubblici, garantendo un accesso di prova libero all’archivio a tutti coloro che si fossero collegati da diciassette biblioteche selezionate in tutto il Paese.

Se ti recavi di persona in una di quelle biblioteche, in quel periodo di prova, potevi ottenere gratuitamente i documenti che ti interessavano.

Aaron, non appena era stato informato di questa possibilità, aveva deciso di approfittare di quel periodo di prova per recuperare il più grande numero possibile di documenti pubblici e per, poi, rilasciarli gratuitamente ai cittadini.

Una sorta di all-you-can-eat gratuito, insomma: scaricare tutto lo scaricabile e liberarlo.

Si era, allora, recato presso una delle biblioteche – quella di Chicago, Settimo Circuito di Corte d’Appello – e aveva installato nel computer dell’ufficio, da una chiavetta, un piccolo script in Perl.

Il giovane aveva creato senza particolari difficoltà, partendo da codice già esistente sviluppato da alcuni suoi amici, un programma che domandava al sistema della biblioteca una copia di un documento ogni tre secondi, passando ciclicamente – e in maniera molto ordinata – da un numero di un caso giudiziario a quello immediatamente successivo. Senza bisogno di alcun intervento umano.

Le copie elettroniche dei documenti così ottenute venivano, poi, memorizzate su uno spazio cloud di Amazon.

Il programma funzionò molto bene, non c’è che dire.

Aaron, approfittando di quel periodo di prova, era riuscito a prelevare dal database, e a caricare sul cloud, quasi venti milioni di pagine di documenti giudiziari.

Venti milioni di documenti!


Nelle prime ipotesi investigative dell’ FBI, sobillate dalle istituzioni “proprietarie” di tali documenti, tutti quei dati pubblici esfiltrati dal giovane, anche se, appunto, pubblici e, quindi, di proprietà dei cittadini, erano stati chiaramente rubati.

Il programma di Swartz aveva operato con grande efficacia, e indisturbato, per ben diciannove giorni – dal 4 al 22 settembre del 2018 – fino al momento in cui i tecnici informatici dei tribunali non si erano resi conto del fatto che un utente stesse scaricando tutto l’archivio e come, di conseguenza, fosse in corso una vera e propria “emorragia” di dati.

Nessuno di quei documenti era privato: erano tutti pubblici e a disposizione dei cittadini, ma per ottenere delle copie era necessario pagare.

Quell’utente, al contrario, non stava pagando nulla, quindi era letteralmente in corso un furto di beni dello Stato. Sei/otto centesimi non corrisposti a pagina, per quasi venti milioni di pagine scaricate, facevano un totale di diversi milioni di dollari. Un furto enorme.